Niente pensione a 67 anni. La pensione per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 ha delle regole diverse anche rispetto alle misure pensionistiche ordinarie. Infatti tra chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e chi dopo, cambia radicalmente l’impostazione. È proprio alla luce di queste differenze che alcune volte ci sono lavoratori che non riescono ad andare in pensione così facilmente come credevano. Viene meno il diritto alla pensione di vecchiaia anche per chi ha completato i requisiti generali ma non quelli particolari.

 

“Buonasera, volevo capire cosa c’è dietro la motivazione per cui l’INPS mi ha respinto una domanda di pensione sostenendo che ho diritto a una pensione troppo bassa e quindi non liquidabile. Ho 67 anni di età e 20 anni esatti di contributi versati. E non capisco perché il sistema dà una pensione come l’assegno sociale a chi non ha contributi mentre a me la nega perché prenderei troppo poco. E, inoltre, mi hanno suggerito di virare verso l’assegno sociale come se non avessi mai lavorato. Corro il rischio di perdere i contributi che ho versato?” 

Le pensioni di vecchiaia e le differenze tra retributivi, misti e contributivi

Il nostro lettore è tra i tanti che, per colpa delle regole del sistema previdenziale italiano, non riescono a maturare il diritto a uscire dal lavoro con la pensione di vecchiaia ordinaria. Tutto dipende dal fatto che la sua carriera è iniziata dopo il 1995. In gergo tecnico questi soggetti vengono definiti contributivi puri, ovvero lavoratori che hanno il primo contributo versato in epoca contributiva e non retributiva. Infatti dal 1996 con l’ingresso della riforma Dini nel sistema previdenziale italiano, le pensioni sono collegate quasi in esclusiva al sistema contributivo. Ciò significa che anche le regole di calcolo degli assegni previdenziali vengono impostate sul montante dei contributi e non più sulle retribuzioni.

Ma ciò che interessa il nostro lettore non è il calcolo della prestazione, quando piuttosto il diritto a godere di un trattamento pensionistico non anticipato ma ordinario. 

Il sistema pensionistico oggi, ecco come funziona e perché molti sono penalizzati e nemmeno lo sanno 

Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, anche solo per poche settimane ha diritto al calcolo retributivo della prestazione. Ma forse è meglio parlare di calcolo misto. Questo perché, in base all’anzianità di servizio prima del 1996 ha diritto a godere di un calcolo più o meno lungo con il metodo retributivo.

Tralasciando il diritto a godere di una pensione più alta con il sistema retributivo, ciò che è evidente sono le limitazioni che invece il metodo contributivo impone sul diritto alle pensioni.

Per esempio, il nostro lettore non potrà accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria a 67 anni perché non raggiunge una pensione da 702,42 euro al mese. Per chi non ha versamenti retributivi infatti la pensione si centra solo se l’assegno liquidato dall’INPS è pari o è superiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

E dal momento che oggi tale assegno è pari a 468,28 euro al mese, la pensione minima per essere concessa non deve essere al di sotto di 702,42 euro al mese.  

Pensione a 67 anni: niente pensione di vecchiaia? Ecco l’assegno sociale 

pensione 2023

Il nostro lettore non ha diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria per il motivo prima citato e per quanto l’INPS ha confermato. Ma avendo già 67 anni di età, anche se non è di suo gradimento, avrà diritto all’assegno sociale. Sempre che non superi le soglie reddituali che la misura prevede. Infatti l’assegno sociale ha una natura assistenziale, e come è evidente che sia, non essendo collegato a requisiti contributivi, spetta solo per chi ha difficoltà proprio dal punto di vista reddituale. A oggi, la soglia di reddito personale da non superare per una persona sola è pari a 6.085,43 euro, mentre per i coniugati è pari a 12.170,86 euro.

Si può godere dell’assegno in misura ridotta se il reddito è compreso tra 6.085,43 euro e 12.170,86 euro. Se il nostro lettore rispetta tali limiti può godere dell’assegno sociale alla pari di chi non ha mai lavorato.  

Niente pensione a 67 anni: i contributi silenti ma a 71 anni tutto torna a posto 

In pratica, se il nostro lettore ha le condizioni di reddito utili alla prestazione, l’assegno sociale può essere la soluzione tampone. Una soluzione temporanea al fatto che la pensione di vecchiaia per lui non è fruibile. Tale situazione però è temporanea. Infatti al compimento dei 71 anni di età la pensione di vecchiaia per i contributivi puri perde il requisito dell’importo minimo della prestazione. A 71 anni infatti la pensione di vecchiaia può essere percepita anche con solo 5 anni di contributi versati. E senza limiti di importo della prestazione che può essere anche estremamente bassa.

Cosa accadrà dopo i 71 anni?

Il nostro lettore quindi non perderà i 20 anni di contributi che ha versato. Questi infatti non diventeranno silenti, ovvero contributi che i lavoratori non utilizzano per il calcolo della prestazione. L’assegno sociale, se ne ha diritto, verrà percepito fino al compimento dei 71 anni di età. In quel caso se la pensione di vecchiaia avrà un importo superiore proprio all’assegno sociale previsto per quell’anno, l’INPS assegnerà al lavoratore la misura di maggior favore per il contribuente, cioè quella di importo più alto.