Una valida alternativa all’andare in pensione subito può essere anche il passare prima da degli ammortizzatori sociali. E naturalmente quando parliamo di ammortizzatori sociali non si può non fare riferimento alla Naspi. Perché qualcuno dovrebbe essere spinto ad andare in pensione più tardi sfruttando prima la Naspi? La verità è che c’è chi lo fa per scelta, e altri perché costretti da precarie condizioni di reddito e lavoro. Lo dimostrano due nostri lettori, entrambi che ci chiedono spiegazioni su come funzionerebbe la Naspi prima di andare in pensione.

“Buonasera sono Ernesto un ex lavoratore dipendente dal momento che con la chiusura dell’attività lavorativa del mio datore di lavoro il 31 marzo prossimo, diventerò a tutti gli effetti un disoccupato. Credo di aver diritto a due anni di Naspi e questo mi solleva un po’ dal punto di vista reddituale. A dire il vero ho anche 65 anni di età e volevo capire se i due anni di Naspi finiranno con il penalizzarmi dal punto di vista pensionistico. Infatti dal momento che a giugno del 2022 ho pure completato 38 anni di contributi versati, credo di avere i requisiti per andare in pensione con la vecchia quota 102. Secondo voi conviene andare in pensione o prendere prima la Naspi?”

“Salve, vorrei capire cosa posso fare dal momento che ho 18 anni di contributi versati e compio 65 anni di età domani. Ho perso il lavoro il mese scorso e mi trovo davvero in difficoltà. Potrei prendere la Naspi, ma secondo voi poi a 67 anni i due anni di disoccupazione mi faranno arrivare ai 20 utili per la pensione? Che devo fare?”

La Naspi in aiuto di chi perde il lavoro

La Naspi è un ammortizzatore sociale che l’Inps concede ai lavoratori che involontariamente perdono il posto di lavoro. E quando la Naspi riguarda un lavoratore in avanti con l’età, non è raro che la Naspi possa diventare uno strumento che accompagna alla pensione il lavoratore.

Per esempio il nostro secondo lettore, che ha perso improvvisamente il lavoro e che non ha l’età per la pensione di vecchiaia ordinaria e nemmeno tanti contributi utili per qualche misura di pensionamento anticipato, può optare per questi due anni di disoccupazione indennizzata dell’Inps. E tra l’altro i due anni di Naspi varranno anche come contribuzione figurativa.

In pratica il nostro lettore non solo percepirà un sussidio per i due anni che rimangono per andare in pensione. Ma otterrà anche i due anni di contribuzione figurativa. Ed è contribuzione che andrà a riempire il suo montante contributivo che per colpa del licenziamento si fermerà a 18 anni.

L’indennità per disoccupati involontari spesso è l’unica scelta

In parole povere nel 2026, quando compirà i suoi 67 anni di età, il lavoratore potrà andare in pensione con 20 anni di contributi versati, anche se a conti fatti i due anni di Naspi valgono meno rispetto agli anni di contribuzione effettiva. Certo, bisognerebbe avere dati più certi che consentono di verificare davvero la sua contribuzione. Ma a quanto sembra, grandi problemi non ne dovrebbe avere. E oltretutto, non ha grandi alternative davanti, perché nulla potrà fare se non passare dalla Naspi, salvo improbabili nuovi posti di lavoro trovati.

La Naspi vale come contribuzione, ma ogni caso è a se stante per valutare la convenienza

Più complicato il caso del nostro primo lavoratore che ci chiede quale via scegliere tra le due. Ogni caso è a parte in materia pensionistica, e lo dimostrano i nostri due lettori, di cui uno può scegliere tra due differenti vie e l’altro che non ha alternative. Al primo lettore una risposta certa sulla convenienza a utilizzare la Naspi rispetto alla pensione con quota 102, non può essere data.

Ripetiamo che molto cambia da persona a persona. Da come è composta la sua posizione assicurativa per esempio.

I due anni di contribuzione figurativa anche al primo lettore quindi sono utili per aumentare il montante contributivo. Ma occorre anche sottolineare che la contribuzione figurativa da Naspi non è paragonabile a quella da lavoro. E nel momento in cui un lavoratore prende la Naspi, dopo i primi mesi di assegno pieno e quindi al 75% dello stipendio medio utile ai fini previdenziali delle ultime quattro anni, la disoccupazione cala del 3% al mese.

Anche la quota 102 ha delle limitazioni

In buona sostanza la Naspi già nella seconda parte della sua fruizione si riduce di circa la metà. Una cosa da considerare questa, soprattutto da chi vuole mantenere una condizione reddituale soddisfacente anche una volta lasciato il posto di lavoro. Tra le altre cose, la quota 102 è una misura che prevede il divieto di cumulo dei redditi da pensione con qualsiasi altro reddito da lavoro. Significa che il nostro lettore non avrà altro modo per arrotondare la pensione, che non sia quello di utilizzare il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito annuo. Un limite questo che per chi ha intenzione di continuare a lavorare anche dopo essere andati in pensione, deve far riflettere.