Il marito geloso che impedisce alla moglie di truccarsi o di vestirsi in un certo modo può incorrere in una condanna per maltrattamento in famiglia. Una sentenza del genere c’è già stata a carico appunto di un marito geloso, nel 2004: nel dispositivo n. 30809 della Corte di Cassazione impedire alla compagna di “truccarsi, vestirsi e pettinarsi a suo gusto” è stato interpretato, insieme ad altre condotte, come un atteggiamento da “padrone”. Il maltrattamento familiare, infatti, non presuppone necessariamente la violenza fisica (come confermato già da una precedente sentenza, numero 8396/1996) anche se, purtroppo, questo aspetto è presente.

Oltre all’incolumità fisica delle persone tutelate dall’articolo 572 del Codice Penale, la legge difende anche quella psichica (e l’espressione della propria personalità e libertà ne fa sicuramente parte). In quest’ottica, quindi, l’interesse tutelato non è quello dello Stato alla famiglia ma l’incolumità fisica e psichica delle persone.

In questo caso non è un episodio singolo che può far scaturire la condanna ma il reiterarsi di comportamenti messi in atto dal marito geloso e che alla lunga finiscono per ledere la libertà di scelta e l’autodeterminazione della donna.

La gelosia non è reato ma comportamenti ripetuti e reiterati si

Ad una lettura più attenta del testo della sentenza in analisi, quindi, emerge con maggiore chiarezza che non è la gelosia in sé ad essere condannata penalmente quanto una condotta prolungata nel tempo che impedisca all’altra persona di esprimere la propria personalità, che sia attraverso il lavoro ma anche mediante cose più futili in apparenza come il make up o l’abbigliamento.
Nel 2017 può sembrare anacronistico ma esistono ancora uomini che, per gelosia (o meglio per senso di possesso), controllano come le mogli si vestono o si truccano. E’ bene quindi che le donne sappiano che la legge tutela anche la libertà di truccarsi e di vestirsi secondo il proprio gusto e in atuonomia, senza costrizioni da parte del compagno.

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