Di fronte al timore di lavorare almeno fino a 63 anni, molti lavoratori cercano appiglio in misure apparentemente intoccate dalla Legge di Bilancio. Lo scivolo pensioni aziendale, più tecnicamente contratto di espansione, è tra le misure che restano salve? Oggi approfondiamo questo dubbio dopo che un nostro lettore ci ha chiesto spiegazioni avendo raggiunto la carriera contributiva minima che dovrebbe consentirgli di anticipare l’uscita.

“Ciao, sono un lavoratore di una grande azienda del settore metalmeccanico è alcuni rappresentanti delle organizzazioni sindacali all’interno dell’azienda mi hanno anticipato il fatto che probabilmente anche io rientrerò nel contratto di espansione che l’azienda deciderà di avviare al Ministero del Lavoro.

Premetto che in materia sono ignorante. Volevo capire cosa significa che mi manderanno in pensione in anticipo una volta raggiunti a febbraio i 37 anni e 10 mesi di contributi versati. Significa anticipare l’uscita di cinque anni se non sbaglio i miei calcoli. Ci rimetto qualcosa secondo voi? Dal momento che ho 63 anni di età posso rientrare in una di quelle misure che adesso il governo ha deciso di varare?

Lo scivolo delle pensioni con 37,10 anni di contributi versati, nel 2024 ancora possibile

Innanzitutto va detto che il contratto di espansione più che una misura pensionistica vera e propria è una misura di prepensionamento. Infatti il suo meccanismo è davvero particolare dal momento che non può essere il lavoratore autonomamente a chiedere questa pensione. Infatti deve essere l’azienda ad avviare il contratto di espansione con tutte le procedure del caso. E tirando di fatto dentro il lavoratore. Il nostro lettore poi deve sapere che anche se è la sua azienda a pensare alla pensione in anticipo per lui, deve essere sempre lui stesso a scegliere. La scelta è sempre la sua e quindi può anche rifiutare. Il vantaggio però per l’uscita con questo contratto di espansione è notevole anche rispetto alle ultime misure che il governo ha deciso di varare che permettono l’uscita 63 anni di età.

Contratto di espansione, perché?

Con il contratto di espansione un’azienda può decidere di mandare in pensione in anticipo i lavoratori più vicini al raggiungimento dei requisiti utili sia alle pensioni di vecchiaia ordinarie che alle pensioni anticipate ordinali. Questo significa che con il contratto di espansione i lavoratori possono andare in pensione anche con 62 anni di età e quindi a cinque anni dai 67 utili per la pensione di vecchiaia. Ma possono uscire pure con 37,10 anni di contributi versati e quindi a 5 anni dalle pensioni anticipate ordinarie. Il caso del nostro lettore è il secondo. Perché si trova o si troverà tra poco a 37 anni e 10 mesi di contributi versati e quindi a conti fatti gli mancherebbero 5 anni di contributi per arrivare alla soglia dei 42 anni 10 mesi utili alla propria pensione anticipata.

3 pensionati per un nuovo assunto

Con questa misura non conta l’età del contribuente e quindi al lettore va detto che potrebbe uscire anche prima di compiere i 63 anni di età. Per il contratto di espansione l’azienda deve, in sede ministeriale, trovare un’intesa coi sindacati in modo tale da stabilire chi saranno i lavoratori che godranno di questo anticipo e quante saranno le nuove assunzioni. Perché il contratto di espansione effettivamente funziona per compensazione tra uscite e ingressi. Cioè, ogni 3 lavoratori che si mandano in pensione anticipata, si deve procedere con una nuova assunzione.

Scivolo pensioni, chi paga?

Tutto questo perché il contratto di espansione serve all’azienda a dare corso ai processi di ammodernamento delle attività. Nuovi processi che trovano migliore applicazione con nuovi addetti piuttosto che con dipendenti anziani e ormai vicini alla pensione. L’operazione è tutta a carico delle aziende. Infatti sono loro a dover finanziare tutti gli assegni di pensione che verranno erogati ai dipendenti pensionati in anticipo.

Anche se ai pensionati sarà l’INPS ad erogare ciò che gli spetta secondo il classico calendario delle pensioni, l’azienda finanzierà l’INPS. Oltretutto, le aziende che avviano i contratti di espansione e mandano in quiescenza anticipata lavoratori con 37,10 anni di versamenti, devono pure versare i contributi previdenziali mancanti. E sotto forma di contribuzione figurativa fino al raggiungimento dei 42,10 anni di contributi.