Anche se sembra assurdo Facebook può essere anche causa di licenziamento. In quali casi? I dipendenti che passano troppo  sui social o che su Facebook pubblicano post che denigrano  il datore di lavoro o l’azienda anche al di fuori dell’orario di lavoro possono essere licenziati.

A stabilirlo numerose sentenze di cui l’ultima, in ordine di tempo, è quella emessa  dal Tribunale di Brescia lo scorso 11 giugno.

In quali casi si può essere licenziati per causa di Facebook?

Il social network può presentare al datore di lavoro una realtà ben lontana da quella raccontata dal dipendente: il classico esempio può essere quello del lavoratore assente per malattia che pubblica foto che lo ritraggono al mare.

Le foto pubblicate su Facebook, in questo caso, così come post che raccontano quello che si sta facendo, possono essere utilizzati dal datore di lavoro in tribunale portando anche al licenziamento in tronco del dipendente.

Diffamazione su Facebook

A rischiare il licenziamento in tronco è anche il dipendente che pubblichi sui social network post denigratori nei confronti del datore di lavoro o dell’azienda per cui lavora. In questo casa scatta il licenziamento perchè il dipendente ha leso l’obbligo di fedeltà all’azienda previsto dall’articolo 2105 del codice civile che si instaura dal momento dell’assunzione.

Il licenziamento, in questo caso, scatta anche se il post è stato pubblicato al di fuori dell’orario di lavoro sul proprio profilo privato perchè, come conferma la Cassazione, Facebook è un luogo pubblico e pubblicare un post denigratorio equivale a pubblicare una notizia sul giornale.

Troppo tempo su Facebook, attenzione al licenziamento

Il Tribunale di Brescia conferma, tra l’altro, con la sentenza  numero 728 dello scorso 13 giugno, ha stabilito che il datore di lavoro possa licenziare il dipendente che passa troppo tempo su Facebook durante l’orario di lavoro.

Le prove fornite dal datore di lavoro a sostegno del licenziamento, in questo caso, non violano la normativa sulla legge della privacy poichè la stampa della cronologia del computer aziendale senza l’autorizzazione dei dipendenti non rappresentano una violazione della legge sulla privacy nè dello Statuto dei Lavoratori che si limita soltanto a regolamentare l’utilizzo di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo. E’ un diritto del datore di lavoro, secondo i giudici, controllare i computer messi a disposizione dei dipendenti per svolgere il proprio lavoro.  In questo caso il datore di lavoro non ha violato la legge perchè non ha effettuato controlli sulla produttività e l’efficienza dei dipendenti ma solo condotte estranee alla prestazione lavorativa. Nel caso specifico della sentenza i 4500 accessi effettuati a Facebook in 18 mesi durante l’orario di lavoro, che sono circa 16 al giorno ogni 3 ore di lavoro, rappresentano per i giudici un comportamento che può incrinare la fiducia del datore di lavoro e portare, quindi, al licenziamento in tronco.