Una novità nella legge di Bilancio, davvero importante, è passata in secondo piano. Forse perché superata come importanza dalla nascita della quota 104. Ma anche dalle modifiche di Opzione donna e dell’Ape sociale. Pochi hanno messo in risalto il fatto che dal 2024 andare in pensione di vecchiaia a 67 anni di età con 20 anni di contributi sarà più facile per molti lavoratori. Almeno una cosa positiva quindi è nata, perché viene meno una forte discriminazione a cui molti lavoratori erano assoggettati dalle regole di pensionamento differenti tra sistema retributivo e contributivo.

Almeno da questo punto di vista il pacchetto pensioni della legge di Bilancio ha prodotto una netta miglioria. E ne godranno tanti lavoratori, compresi quei lettori che da tempo ci segnalano risposte negative dall’INPS alla loro domanda di pensione. Un tipico esempio è questa nostra lettrice che proprio in questi giorni ha ricevuto la reiezione da parte dell’INPS della sua domanda di pensione di vecchiaia.

“Gentili esperti di Investire Oggi, mi chiamo Renata e vi scrivo per un consiglio. Dal momento che ho compiuto 67 anni di età ad agosto, con esattamente 21 anni di contributi ho fatto domanda di pensione all’INPS. Ma mi hanno respinto l’istanza perché pare che per me che ho iniziato a lavorare solo dal 2000, l’unica via per poter andare in pensione è raggiungere un assegno di 755 euro. Io mi sono fatta fare i conti da un consulente. Ed effettivamente in base ai miei contributi arrivo a 600 euro circa al mese di pensione spettante. Mi hanno detto che devo ritornare a chiedere la pensione a 71 anni o se riesco a farla salire di importo nei prossimi mesi. Ma come si fa? Voi cosa consigliate?”

Come funzionano oggi le misure di vecchiaia per i contributivi puri

Non fosse stata ancora partorita la legge di Bilancio, probabilmente alla nostra lettrice avremmo risposto che da fare c’era relativamente poco.

Perché effettivamente il sistema contributivo prevede, per chi non ha contributi versati prima del 1996, la pensione di vecchiaia di un determinato importo. Infatti per accedere alla pensione di vecchiaia come contributivi puri servono 67 anni di età, 20 anni almeno di contributi e una pensione pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Esattamente 754,90 euro al mese considerando che nel 2023 l’assegno sociale è pari a 503,27 euro.

Quindi, nulla da fare per chi raggiunge una pensione più bassa, a prescindere che gli altri due requisiti siano stati completati. Alla lettrice avremmo consigliato di trovarsi un lavoro con stipendio rilevante per alzare la pensione maturata e portarla al minimo prestabilito. Oppure gli avremmo consigliato di provare la via dell’assegno sociale, redditi bassi permettendo. In pratica, soluzioni per evitare l’attesa dei 71 anni, quando la pensione di vecchiaia si scollega da limiti di importo.

Legge di Bilancio: la pensione di vecchiaia diventa più facile, ecco perché a 67 anni calano i vincoli

Ieri, invece, nella legge di Bilancio approvata dal Consiglio dei Ministri, ecco la grande novità, forse inaspettata. Infatti insieme alle discutibili cessazioni di Opzione donna, dell’Ape sociale e di quota 103 nel 2024, ecco comparire la cancellazione del vincolo di importo per le pensioni di vecchiaia per chi è dentro il regime contributivo pieno. Per i lavoratori il cui primo versamento di contributi, a qualsiasi titolo, è successivo al 31 dicembre 1995, si elimina il vincolo della pensione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.

In pratica la nostra lettrice nel 2024 potrebbe andare in pensione anche con un assegno da 600 euro o poco più. Una evidente anomalia e discriminazione quindi viene risolta. Dal nuovo anno sia chi ha iniziato a versare contributi prima il 1996 e chi dopo, potrà andare in pensione a 67 anni. E sempre con 20 anni di contributi e nessun altro vincolo.