LAVORO NERO: SANZIONI NON PIU’ SOLO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO

Sul lavoro nero e sugli effetti e le conseguenze dannose che produce si parla da sempre in sede giurisprudenziale e non. Ora un altro tassello viene aggiunto al mosaico della costruzione della responsabilità che possa così portare alla diminuzione del fenomeno presente da sempre, nella nostra società del lavoro in nero, quello cioè non denunciato al Fisco. La questione concerne la responsabilità posta in capo non solo, ovviamente, al datore di lavoro, ma ora anche al lavoratore.

Capiamo meglio di cosa si tratta.

 

LAVORO A NERO: LAVORATORI RESPONSABILI DEL PAGAMENTO DELLE TASSE

 

La questione – Il 23 novembre scorso, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, ha risposto al quesito posto in merito al lavoro nero, stabilendo che sull’attività lavorativa in nero, sono responsabili del pagamento delle tasse anche i lavoratori. La Fondazione origina il suo parere sulla base delle pronunce segnalate in merito dalla Suprema Corte di Cassazione e per tale motivo risulta necessario, segnalare seppur in maniera sommaria, la giurisprudenza che si è susseguita nel corso del tempo.

La tesi previgente da parte della Suprema Corte, in particolare prevedeva che in merito al pagamento delle tasse, in caso di lavoro nero, rispondeva solo ed esclusivamente il datore di lavoro. Sulla medesima questione, in più e diverse occasioni successiva, la Suprema Corte di Cassazione ha disposto però che anche il lavoratore dipendente, senza regolare contratto di lavoro e quindi in nero, risulta co-obbligato con lo stesso datore di lavoro, all’assoggettamento della remunerazione ricevuta, alla tassazione prevista dal nostro ordinamento, remunerazione questa che risulta percepita senza ritenuta, che deve essere effettuata da parte del datore di lavoro. Nel parere esposto dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, l’oggetto specifico riguarda proprio l’individuazione della responsabilità in capo al datore o al lavoratore, nell’ipotesi di corresponsione della remunerazione in nero, ossia senza regolare denuncia.

 

LA NOZIONE DI RIVALSA

In merito, la Fondazione in questione,offre il suo parere in merito, sulla base di un breve excursus normativo sulla materia in questione. In primo luogo, delineando la nozione di “rivalsa”. A tal proposito, nel Dpr n. 600 del 1973, all’articolo 24 si è stabilito che chi, per una disposizione di legge, ha l’obbligo preciso di pagare le imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, ha il dovere di esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso e manifesto.

 

Oltre all’articolo 24, altra disposizione normativa importante, è disposta all’articolo 35 del Dpr n. 602 del 1973, per cui quando “quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido”.

 

CASSAZIONE SENTENZA LAVORO NERO 09897/2011

Attenendosi alla previgente normativa, da una veloce disamina, emergerebbe come sia il lavoratore a rimanere completamente escluso dalla tassazione della propria remunerazione, poiché questo  risulti essere un onere esclusivamente in capo solo al datore di lavoro.

In merito, come si è visto poc’anzi, sulla base di interventi della Suprema Corte di Cassazione, espressi in diverse occasioni, ha disposto come il lavoratore sia co-responsabile con il datore di lavoro, dovendo tassare la remunerazione attribuita per la sua attività lavorativa svolta, anche se percepita senza ritenuta da parte dello stesso datore di lavoro ovvero in caso di pagamenti in nero.

L’ultima pronuncia della Cassazione, che risulta importante in riferimento all’argomento in questione, è la n.  09897/11 del 17 febbraio scorso, in cui gli ermellini hanno stabilito come sia indifferente se tra lavoratore e datore, c’è stato un accordo per non sottoporre a tassazione la remunerazione percepita dal primo e corrisposta dal secondo.

Risulta indifferente anche che l’attività lavorativa prestata, sia l’unica attività svolta dal lavoratore nel corso di una annualità. Infine dalla pronuncia in esame, si è stabilita  che risulti indifferente che l’interessato sia comunque in buona fede, pensando così che la remunerazione percepita fosse stata regolarmente denunciata.
In un’altra pronuncia della stessa Cassazione, la n. 8504/2009, la stessa Suprema Corte ha ritenuto che nell’ipotesi di mancato pagamento della ritenuta d’acconto da parte del lavoratore, il soggetto che risulta obbligato al pagamento del tributo è anche il lavoratore contribuente.

 

LAVORO NERO: DATORE E LAVORATORI CORRESPONSABILI

In soldoni, si stabilisce, grazie ad una nutrita giurisprudenza della Cassazione in tema, come il datore di lavoro (sostituto di imposta) intervenendo, lascia inalterata la posizione del lavoratore (sostituito)  che anche’esso risulta obbligato alla denuncia dei propri redditi, che dovranno essere sottoposti a ritenuta. Non più solo il datore di lavoro è responsabile, ma anche il lavoratore. Una svolta significativa questa che potrà risultare come deterrente alla repressione del fenomeno dilagante del lavoro in nero.