Con la trasmissione in Parlamento dello schema di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, vengono rese note nello specifico le novità previste dalla riforma fiscale in materia di agevolazioni in favore dei lavoratori impatriati.

Non è sbagliato dire che l’agevolazione cambia in tutti i suoi aspetti: dai requisiti per accedervi (più stingenti), alla durata della detassazione.

Ad esempio, torna il requisito dell’elevata qualificazione o specializzazione del lavoratore, requisito che nel corso del tempo era stato abrogato per consentire una più ampia applicazione del regime fiscale agevolato.

Tuttavia, lo stesso decreto prevede ancora la possibilità di sfruttare il vecchio e molto più conveniente regime fiscale, ora oggetto di modifica, rispettando un semplice requisito: il trasferimento della residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023.

Il regime fiscale degli impatriati

Per meglio comprendere le novità della riforma fiscale, bisogna partire dalle attuali regole di accesso al regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati, ex art 16 del D.Lgs 147/2015.

A oggi, il regime agevolato è applicabile sia ai lavoratori dipendenti sia gli autonomi, imprenditori e professionisti.

La detassazione è riservata a chi:

  • non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni;
  • prestando attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Possono accedere al regime agevolato anche i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) purché, nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento, abbiano risieduto in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Grazie al regime fiscale in parola, gli impatriati pagano le imposte solo sul 30% del reddito prodotto in Italia o sul 10% nel caso in cui la residenza è spostata in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

Al ricorrere di determinate condizioni, superato il primo quinquennio, è possibile beneficiare dell’agevolazione per ulteriori cinque anni (5+5).

La  detassazione si applica per altri cinque periodi d’imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e a quelli che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti. Per il periodo di prolungamento, i redditi agevolati concorrono alla formazione dell’imponibile per il 50% del loro ammontare. Ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

Non c’è compatibilità tra regime impatriati e forfettario.

Il regime fiscale degli impatriati. Cosa cambia con la riforma fiscale?

In base a quanto detto finora, il regime fiscale riservato agli impatriati è molto conveniente. Le imposte pagate sul reddito prodotto in Italia quasi si azzerano.

In base alle norme a oggi in essere, al lavoratore che si trasferisce in Italia, non è richiesto neanche uno specifico livello di specializzazione o qualificazione. Nel complesso si tratta di una norma a vantaggio di tutti i lavoratori che semplicemente decidono di trasferire la residenza fiscale in Italia.

Detto ciò, tutto cambierà con il decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, già approvato in esame preliminare dal Governo Meloni e ora giunto all’esame parlamentare.

Infatti, cambiano i requisiti e la sostanza dell’agevolazione in esame.

In particolare, l’abbattimento sui redditi prodotti sarà pari al 50% su un ammontare di reddito non superiore a 600.000 euro. E non più al 70% 0 90% in alcuni casi. Inoltre la durata massima della detassazione sarà pari a 5 anni e non potrà essere prorogata.

I nuovi requisiti richiesti ai lavoratori impatriati

Per sfruttare il nuovo regime fiscale:

  • i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e devono impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno cinque anni;
  • l’attività lavorativa deve essere svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro che si va ad instaurare con un soggetto diverso dal datore di lavoro presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento e che non faccia parte, comunque, del suo stesso gruppo;
  • l’attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio italiano;
  • i lavoratori devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.

Dunque, la riforma fiscale introduce dei requisiti molto più stringenti e rende meno conveniente il regime fiscale agevolato.

Attenzione pero, coloro i quali trasferiranno la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023, potranno beneficiare del vecchio regime fiscale. Il riferimento alla residenza anagrafica è d’obbligo. Posto che a oggi sarebbe oramai impossibile rispettare il requisito dei 183 giorni richiesti ai fini della residenza fiscale.

Riassumendo…

  • Il nuovo decreto legislativo sulla fiscalità internazionale cambia profondamente il regime fiscale dei lavoratori impatriati;
  • con la riforma fiscale si introducono requisiti molto più stringenti che rendono meno conveniente il regime fiscale agevolato;
  • coloro i quali trasferiranno la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023, potranno beneficiare del vecchio regime fiscale.