“Pensavi di avermi ferito e di avermi reso più dura. Le donne non piangono più, le donne fatturano“, canta Shakira nella canzone con cui ha “dissato” l’ormai ex marito Piqué.

Proprio la fatturazione è una delle operazioni più attese ogni mese dai liberi professionisti che in questo modo possono richiedere il denaro per l’attività lavorativa svolta. Oltre alle entrate, però, bisogna fare i conti anche con gli aspetti burocratici.

In particolare è importante scegliere il regime fiscale più appropriato, in modo tale da ridurre il più possibile l’impatto delle tasse e massimizzare di conseguenza i guadagni.

Un aspetto, quest’ultimo, che si rivela determinate soprattutto per chi fattura poco. Ecco quali sono le alternative disponibili.

Regime forfettario, occhio ai requisiti: chi può aderire

Aprire la partita Iva è una decisione indubbiamente importante per ogni freelance che desidera gestire la propria attività in autonomia. Per questo motivo è fondamentale prestare attenzione ad ogni minimo particolare, in modo tale da fare la scelta più appropriata alle proprie esigenze. In particolare è bene conoscere le differenze fra i vari regimi per poter beneficiare del miglior vantaggio fiscale. Entrando nei dettagli si ricorda che le opzioni al momento disponibili sono le seguenti: forfettario, ordinario e semplificato.

Sempre più persone decidono di optare per il forfettario per via della sua semplicità. Come riportato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, possono aderire a tale regime coloro che l’anno precedente hanno:

  • conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro (il precedente importo di 65.000 euro è stato così modificato dalla Legge di Bilancio 2023). Se si esercitano più attività, contraddistinte da codici Ateco differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate
  • sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari”.

Anche chi avvia una nuova attività può accedere al forfettario, a patto che comunichi di presumere la sussistenza dei requisiti.

Tale regime permette di beneficiare di vari vantaggi, come l’esonero da Iva, Irpef, Irap che vengono sostituiti da un’imposta sostitutiva unica che per i primi cinque anni di attività è ridotta al 5%, anziché 15%. Ma non solo, non vi è alcun obbligo di tenere i registri contabili.

La partita IVA giusta per chi fattura poco non è sempre il forfettario

Nonostante i tanti vantaggi offerti dal regime forfettario, quest’ultimo non si rivela essere sempre la scelta più giusta. Tanti in effetti sono i lavoratori autonomi che, pur avendo i requisiti richiesti per rientrare nel forfettario, decidono di non aderirvi perché considerano più vantaggioso il regime ordinario. A tal proposito, come riportato su Fisco Oggi, la rivista online dell’Agenzia delle Entrate, la legge di Bilancio 2023 ha introdotto un’importante agevolazione fiscale. Entrando nei dettagli, è previsto:

“per il solo anno 2023, l’applicazione di un’imposta (ad aliquota fissa del 15%), sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, per le persone fisiche esercenti attività d’impresa e/o arti e professioni che non aderiscono, nel 2023, al regime forfetario (articolo 1, commi 54 e successivi, della legge n. 190/2014). […]  In particolare, nel documento di prassi è stato precisato l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale, specificando che i soggetti che vi accedono sono:

  • le persone fisiche che esercitano attività d’impresa, titolari di reddito di cui all’articolo 55 del Tuir

  • le persone fisiche che esercitano arti o professioni, che conseguono un reddito di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir”.

Regime fiscale ordinario e semplificato

Il regime fiscale ordinario, si ricorda, viene applicato alle imprese di grandi dimensioni o liberi professionisti con grossi volumi di fatturato, ovvero superiore a 400 mila euro per la vendita di servizi oppure 700 mila euro per altri tipi di attività.

La tassazione è di tipo progressivo e viene calcolata tenendo conto delle aliquote Irpef che al momento sono le seguenti:

  • 23% per redditi pari a massimo 15 mila euro;
  • 25% in presenza di redditi superiori a 15 mila euro fino a 28 mila euro;
  • 35% per redditi compresi tra 28 mila euro e e 50 mila euro;
  • 43% in presenza di redditi di importo superiore a 50 mila euro.

Il regime ordinario si rivela più complesso di quello forfettario. Basti pensare all’obbligo di conservazione dei registri e al versamento dell’Iva. Allo stesso tempo presenta diversi vantaggi. In particolare è consigliato ai soggetti che prevedono di sostenere spese consistenti o desiderano beneficiare di alcune detrazioni fiscali. I soggetti aderenti a tale regime, infatti, possono dedurre le spese legate alla propria attività, riducendo in questo modo l’ammontare delle tasse. Questo tipo di detrazione differisce a seconda dell’attività svolta e delle spese sostenute.

In alternativa è possibile optare per il regime fiscale semplificato che permette di beneficiare di diverse detrazioni, seppure in modo ridotto rispetto all’ordinario. Particolarmente snello, il regime semplificato differisce da quello ordinario per le modalità di calcolo del reddito. In quello semplificato si applica il principio di cassa, mentre nel regime ordinario è adottato il principio di competenza. Ovvero, in quest’ultimo caso, costi e ricavi vengono presi in considerazione in base al momento in cui sono generati. Viste le caratteristiche, il regime semplificato è particolarmente apprezzato e utilizzato da coloro che operano nell’ambito dei servizi e registrano un fatturato annuo inferiore a 400 mila euro. Tale quota sale fino a massimo 700 mila euro per chi svolge altri tipi di attività.