Ferie maturate e non godute e il divieto di monetizzazione: il quesito di un nostro lettore:

Gent.ma, ho letto le sue puntuali e precise risposte relative all’argomento in oggetto, per cui Le vorrei proporre un quesito personale:

Sono stato un Primario Ospedaliero di Chirurgia Vascolare, negli anni di servizio ho accumulato circa 270 giorni di ferie per impossibilità a goderne, causata dalla perenne grave carenza di organico medico. Per tale motivo, ho anche dovuto coprire turni di pronta disponibilità cosiddetta “sostitutiva”, che per contratto non sarei stato tenuto a svolgere, per giunta in numero costantemente superiore alle 10 previste”di norma” dal vigente CCNL.

Ho terminato ogni anno lavorativo con un credito orario di varie centinaia di ore (fino a 750), non remunerate e azzerate a fine anno, nonostante non fossi tenuto ad un orario di servizio preciso, ma “congruo”, in qualità di primario. Le mie ferie, soprattutto nei mesi estivi, avrebbero impedito di conservare la cosiddetta “continuità assistenziale”, rendendo necessaria la sospensione dell’attività di un reparto unico su 2 ASL. Nel febbraio di quest’anno, quando le ferie residue hanno raggiunto il numero preciso di giorni mancanti fino alla mia pensione per raggiunti limiti di età (31 dicembre 2017), sono stato posto in ferie d’ufficio. Il 1° maggio ho comunque rassegnato le dimissioni onde permettere in tempi rapidi la mia sostituzione e conservare la continuità assistenziale (come è infatti avvenuto).

Le chiedo se l’ASL è tenuta a riconoscermi economicamente il credito di ferie residue ammontante a 207 giorni, pur essendoci un’unica sentenza contraria al primario, in quanto l’unico del reparto in grado di gestirsi le ferie.

Nel ringraziarLa in anticipo per la Sua risposta, Le porgo i miei più cordiali saluti.

Ferie maturate e non godute: la normativa

Analizziamo il divieto di monetizzazione delle ferie secondo l’art. 5, comma 8 del d.l.

n. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, nella pubblica amministrazione.

Nei CCNL dei diversi comparti della pubblica amministrazione, sulla monetizzazione delle ferie maturate e non godute, aveva trovato espressa regolamentazione (d.lgs. n. 29/93).

La disciplina contrattuale per il quadriennio normativo 1994-1997, ammetteva la monetizzazione delle ferie, ma solo in casi specifici:

  • all’atto della cessazione del rapporto di lavoro;
  • con esclusivo riferimento alle sole ferie maturate e non fruite per rilevanti ed indifferibili ragioni di servizio, risultanti da atto formale avente date certa, comprovante la richiesta del dipendente di godere delle ferie e l’impossibilità di assegnazione delle stesse da parte del datore di lavoro, per la sussistenza di quelle qualificate esigenze di servizio di cui si è detto.

In mancanza di una espressa disciplina in tal senso, era stato ritenuto possibile procedere alla monetizzazione delle ferie non fruite, sempre al momento della cessazione del rapporto di lavoro, anche in tutti gli altri casi in cui il mancato godimento delle ferie non fosse in alcun modo imputabile alla volontà del dipendente, ma al sopraggiungere di eventi oggettivi di carattere impeditivo, come il collocamento a riposo per assoluta e permanente inidoneità oppure il licenziamento del dipendente per superamento del periodo di comporto (assenze per malattia).

Tale disciplina non è stata in alcun modo incisa, in senso modificativo o abrogativo, dalle successive previsioni del d.lgs. n. 66/2003.

La norma dei CCNL secondo l’art.10 del d.lgs. n. 66/2003

La norma 66/2003 ha confermato l’impostazione dei CCNL settore pubblico in sostanza la:

  • monetizzazione delle ferie non godute nell’anno di maturazione può avere luogo solo nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro, ma limitatamente alle quattro settimane di ferie, previste direttamente dalla legge come tutela minima ed inderogabile per tutti i lavoratori;
  • in materia di ferie, deve comunque essere fatta salva la eventuale specifica disciplina stabilita dalla contrattazione collettiva.

Queste sono le fonti regolative primarie, fondamentali ed obbligatorie, per tutti gli aspetti, sia normativi che economici, concernenti la portata del diritto e le modalità di fruizione delle ferie da parte del lavoratore pubblico, considerando anche la loro monetizzazione.

Accumulo ferie

Anche considerando gli aspetti disciplinati dal CCNl, molto spesso i comportamenti delle parti  (datori di lavoro e lavoratori), sono andati al di là delle finalità e dei contenuti stessi delle regole.

Infatti, le situazioni di accumulo nel tempo di molti giorni di ferie non godute, con conseguente richiesta di monetizzazione, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, hanno col tempo costituito un aspetto patologico della disciplina dell’istituto, con significativa ricaduta negativa sotto il profilo della spesa delle Pubbliche Amministrazioni.

Assegnazione ferie d’ufficio

Queste situazioni sono dovute anche da una mancanza di programmazione ferie. Ricordiamo che l’art. 2109 del codice civile, stabilisce che le ferie sono assegnate dal datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore.

L’applicazione di tale disciplina, pertanto, nel caso di inerzia del lavoratore o di mancata predisposizione del piano ferie annuale, pure espressamente e chiaramente previsto dalla contrattazione collettiva nazionale, consente all’ente anche la possibilità di assegnazione di ufficio delle ferie.

L’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012 convertito nella legge n. 135/2012, chiarische che:

Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, (….), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.

Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile“.

Divieto di monetizzazione delle ferie

Questa normativa stabilisce l’obbligatoria fruizione delle ferie, dei riposi e dei permessi da parte dei dirigenti e dei dipendenti, nel rispetto delle previsioni legali o contrattuali che li regolamentano, e vieta ogni forma di monetizzazione in caso di mancato di godimento degli stessi. Quindi, viene meno l’entrata in vigore del d.l. 95/2015 e ogni possibilità di ricorso all’istituto della monetizzazione, sia delle ferie, sia, per quello che qui rileva, dei quattro giorni di riposo sostitutivi delle festività ex lege n. 937/77.

Lavoro pubblico e privato diversità

Questo norma non trova applicazione nel lavoro privato, viene introdotto, quindi, un elemento di diversità tra la disciplina del lavoro pubblico e quella del lavoro privato sulla monetizzazione delle ferie maturate e non godute.

Questo crea una scissione in totale contrasto con la progressiva omogeneizzazione dei trattamenti spettanti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con quelli dei lavoratori privati.

Divieto di monetizzazione delle ferie: nota n. 40033/12

Il Dipartimento della funzione pubblica, con nota n. 40033 dell’8.10.2012, condivisa dal ministero dell’Economia e delle finanze, ha fornito alcune indicazioni ai fini della definizione dell’esatta portata e delle corrette modalità applicative della nuova disciplina legislativa sulla monetizzazione delle ferie maturate e non godute.

Nella nota viene precisato che il divieto di monetizzazione delle ferie:

  • certamente opera in relazione a tutti quei casi in cui vengono in considerazione vicende estintive del rapporto di lavoro alle quali il dipendente, in qualche modo, concorre attivamente mediante il compimento di atti (esercizio del diritto di recesso, le dimissioni) oppure attraverso propri comportamenti incompatibili con la permanenza del rapporto (pensionamento, licenziamento disciplinare, mancato superamento del periodo di prova). In tali casi, infatti, proprio la prevedibilità dell’evento e/o la volontà dei soggetti coinvolti (mobilità, dimissioni, risoluzione del rapporto) non sono idonei a precludere una adeguata valutazione della complessiva vicenda, con la conseguente adozione di tutte le iniziative necessarie per assicurare, nei giusti tempi, la fruizione del diritto alle ferie, compatibilmente con le esigenze del lavoratore e quelle organizzative dell’amministrazione;
  • non opererebbe, invece, in relazione a quelle altre vicende estintive del rapporto di lavoro dovute ad eventi del tutto indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa e di controllo del datore di lavoro. In questi casi, infatti, si ritiene che l’impossibilità di fruire delle ferie non sia imputabile o comunque riconducibile al dipendente.

Il secondo punto riguarda l’ ipotesi in cui il rapporto di lavoro si conclude in modo anomalo e non prevedibile in alcun modo (decesso, risoluzione per inidoneità permanente ed assoluta) oppure quelle caratterizzate dalla circostanza che il dipendente non ha, comunque, potuto fruire delle ferie maturate a causa di assenza dal servizio antecedente la cessazione del rapporto di lavoro (malattia, congedo di maternità, aspettative a vario titolo).

Si tratta di situazioni che, proprio per i loro contenuti specifici, non sono considerate rispondenti alla ratio della legge e, quindi, vengono escluse dal suo ambito di applicazione.

Divieto di monetizzazione delle ferie: nota n. 32937/12

Il Dipartimento della funzione pubblica, con nota n. 32937 del 6.8.2012, sulla base dei principi generali in materia di successione delle leggi nel tempo ed al fine di evitare l’attribuzione alla norma di una efficacia retroattiva non prevista espressamente dal legislatore, ha chiarito che il divieto di monetizzazione non trova applicazione:

a)      relativamente ai rapporti di lavoro già cessati prima dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012;

b)     in ordine a tutte quelle situazioni in cui le giornate di ferie sono state maturate sempre prima dell’entrata in vigore del decreto legge e la fruizione non è stata possibile a causa della ridotta durata residua del rapporto di lavoro oppure per la sussistenza di una causa di sospensione del rapporto cui segua la cessazione (ad esempio, un periodo di aspettativa).

Anche in questa occasione, il Dipartimento ha precisato che, in questi casi residuali considerati nella propria nota, la monetizzazione era comunque possibile solo in presenza delle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Fonte normativa: Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni)

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