Sta facendo discutere e probabilmente rappresenta un precedente giuridico importante la sentenza della Cassazione che ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate in merito ad una condanna per evasione fiscale (sentenza 4990 del 25 febbraio 2020). A scatenare le polemiche il fatto che la condanna non si è basata su prove certe e indubitabili ma su una ricostruzione fatta a seguito di prove presuntive. Sulla base di questi elementi l’Agenzia aveva ricostruito in maniera presuntiva il reato commesso. 

Nel mirino del Fisco è finita così un’agenzia immobiliare accusata di aver dichiarato al rogito prezzi di vendita inferiori a quelli realmente applicati.

Il confronto è stato fatto con i valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare utilizzando come metodo di paragone appartamenti simili nello stesso quartiere o addirittura nello stesso edificio quando possibile. L’agenzia immobiliare si era difesa facendo appello ai requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti all’articolo 2729 del codice Civile. I giudici, invece, hanno sentenziato che il requisito propedeutico alla condanna era una ricostruzione nel complesso degli elementi e non analizzando un singolo episodio. Ciò però è stato ritenuto sufficiente per fondare la condanna di evasione fiscale anche in assenza di una prova certa dell’applicazione del prezzo di vendita inferiore. Si conferma quindi la possibilità di un’evasione fiscale presuntiva.

Più in particolare il dispositivo della sentenza, prevede “una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi”.

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