Uscire dal lavoro perché si svolge una determinata attività lavorativa è ciò che lo Stato consente di fare con almeno 5 misure vantaggiose tra i 5 e i 7 anni. Perché parliamo di pensioni anticipate, cioè di sconti sull’età di uscita dei lavoratori, che derivano proprio dal tipo di lavoro svolto e dalle varie misure previste dall’ordinamento previdenziale. Numerosi nostri lettori ci chiedono quali siano i vantaggi per loro e ognuno cita una tipologia di lavoro differente. Solo come spunto, prendiamo il quesito di un nostro lettore che vuole capire come anticipare di qualche mese la pensione visto che svolge una particolare attività lavorativa.

Ma dalla risposta al lettore allarghiamo il campo sintetizzando alcune delle misure che il sistema offre ai lavoratori per lasciare il lavoro prima per via delle attività svolte.

“Salve, mi chiamo Roberto, faccio il netturbino e ho compiuto 66 anni di età il primo luglio. Ho 25 anni di contributi versati e secondo me dovrei uscire dal lavoro a 66 anni e 7 mesi e non a 67 anni. So che l’unica misura che mi spetta è la pensione di vecchiaia ma so anche che dovrei avere uno sconto per via del lavoro gravoso che svolgo. Visto che non ho la carriera adatta all’Ape sociale e alla quota 41, che spettano ai netturbini, almeno lo sconto di 5 mesi mi dovrebbe toccare. Giusto?”

Ecco 5 vantaggiose pensioni collegate al tipo di lavoro svolto

Effettivamente ciò che dice il nostro lettore è l’assoluta verità perché i netturbini, in quanto addetti alla raccolta e allo smaltimento rifiuti, sono dentro la lista dei lavori gravosi. Pertanto si tratta di una delle tante attività che danno diritto alla quota 41 per i precoci e all’Ape sociale. Per la prima misura servono 41 anni di contributi, tra cui 35 effettivi da lavoro e 12 mesi prima di aver compiuto i 19 anni di età.

Per l’Ape invece servirebbero 36 anni di contributi e almeno 63 anni di età. Ma ciò che il nostro lettore sottolinea, a ragione, è lo sconto di 5 mesi sulla pensione di vecchiaia.

Non avendo avuto i requisiti per sfruttare l’Ape o la quota 41, il nostro lettore ha diritto alla pensione di vecchiaia con età fissata a quella valida fino al 31 dicembre 2018. Infatti, dal primo gennaio 2019 il collegamento delle pensioni con la stima di vita degli italiani in base ai dati ISTAT, ha portato a 67 anni l’età per la quiescenza di vecchiaia. Ma per chi svolge lavori gravosi come previsto per l’Ape sociale e la quota 41 dalla legge 232/2016 o lavori usuranti come da elenco nel Decreto Legislativo 67/2011, lo scatto non è stato applicato. Pertanto per loro fino al 2026 basteranno 20 anni di contributi versati e 66 anni e 7 mesi di età.

Il lavoro gravoso e le uscite per i precoci o con l’Ape sociale

La quota 41 per i precoci è una delle misure destinate a chi svolge un lavoro gravoso come da legge prima citata. Servono:

  • 41 anni di contributi;
  • 35 anni di contributi effettivi da lavoro (senza disoccupazione e malattia);
  • 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età.

Come lavoro gravoso l’Ape sociale prevede che l’interessato abbia:

  • almeno 36 anni di contributi versati (ceramisti ed edili 32 anni);
  • almeno 63 anni di età.

Il lavoro usurante o notturno, ecco i vantaggi come uscita

Il lavoro usurante o notturno anche se spesso confuso con il lavoro gravoso, ha una misura tutta sua che consente l’uscita anche prima dei 63 anni previsti dall’Ape sociale. Come previsto dal DLGS 67 del 2011, servono:

  • 61 anni e 7 mesi di età;
  • 35 anni di contributi versati;
  • completamento di quota 97,6 (somma di età e contributi anche utilizzando frazioni di anno).

Contratti di espansione con 62 anni di età o 37,10 di contributi

Ci sono aziende desiderose di riorganizzarsi, sfoltire il personale più anziano, avviare il turn-over e dotarsi di addetti più propensi alle nuove tecnologie.

Per aziende con queste intenzioni, con almeno 50 addetti a libro paga, c’è la misura del contratto di espansione. Misura che permette uscite a chi si trova a 5 anni sia dalla pensione di vecchiaia che da quella anticipata. Quindi, via libera a chi ha almeno 62 anni di età o senza limiti anagrafici, per chi si trova a 37,10 anni di contributi. La domanda non spetta al lavoratore bensì all’azienda, che deve avviare il contratto di espansione. Ma serve un accordo in sede governativa con le parti sociali. Dove oltre a prevedere le uscite, devono essere previste le nuove assunzioni con un rapporto 1 a 3 (ogni tre pensionati, un neo assunto).

La pensione è pagata dall’INPS mese per mese come un qualsiasi trattamento previdenziale. Ma il finanziamento della pensione è a carico del datore di lavoro.

Isopensione anche a 60 anni

Simile al contratto di espansione per ovvie ragioni, ma ancora più vantaggiosa come età di uscita, c’è l’isopensione. La misura consente di lasciare il lavoro 7 anni prima rispetto all’età della pensione di vecchiaia. Simile al contratto di espansione dicevamo, perché serve intesa con le parti sociali anche per questa misura. L’isopensione è uno strumento di prepensionamento che riguarda aziende con più di 15 dipendenti in organico e che hanno esuberi di personale. Consente ai lavoratori che sono vicini alla pensione di anticipare l’uscita dal lavoro di 7 anni. Prendendo un assegno di pre-pensionamento, che per importo è pari a quello maturato alla data di uscita.