Un tempo la laurea in giurisprudenza era propedeutica ad una carriera forense soddisfacente ed economicamente appagante: oggi diventare avvocato dà ancora queste garanzie?   A ben vedere i dati dello studio presentato dall’ufficio attuario della Cassa Forense sull’avvocatura italiana per l’anno 2013 mostra una situazione molto diversa. Il dato più evidente è che si diventa avvocati sempre più tardi. Ma questo elemento offre lo spunto per diverse interpretazioni. Ma si manifestano in modo nitido anche gli effetti della crisi: non è un caso che il tasso medio annuo di crescita nell’ultimo triennio si è fermato al 2%.

Una crescita piuttosto lenta se si allarga l’analisi agli anni precedenti: nei 15 anni dal 1996 al 2010 il numero di iscritti agli albi forensi cresceva circa del 7%. Il numero di praticanti è passato dalle 30 mila unità di un decennio fa ai circa 6 mila del 2012. I due dati possono anche essere letti insieme in un rapporto di causa effetto: se la professione forense diventa meno allettante è chiaro che viene meno il ricambio generazionale e quindi l’età media degli avvocati in esercizio si alza. Detto questo comunque la media nazionale degli avvocati italiani resta più alta rispetto agli altri Paesi europei: circa 3,8 ogni mille abitanti (nonostante le forti disomogeneità regionali). E la crisi ha inciso anche sui redditi medi. Le statistiche mostrano un calo dell’1,6% rispetto al 2012. Quasi al 50% fattura meno di 10,300 euro l’anno e solo l’8,6% dichiara più di 91 mila euro. Si potrebbe obiettare che l’incidenza dell’evasione fiscale</strong