Il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi finanziati dai contributi pubblici è soggetto alle regole di carattere generale che disciplinano il diritto di detrazione di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto IVA (DPR n. 633 del 1972) e, dunque, nella misura in cui il soggetto passivo utilizza detti beni e servizi per effettuare operazioni soggette all’imposta.

La condizione essenziale ai fini della detraibilità resta che i predetti acquisti siano inerenti all’attività economica esercitata e tale condizione di inerenza deve essere verificata in relazione alle operazioni attive realizzate a valle.

Ne deriva che, in conformità ai principi generali dell’IVA, si può detrarre l’IVA relativa agli acquisti di beni o servizi se e nella misura in cui, i predetti acquisti riguardino l’effettuazione di operazioni imponibili o assimilate a queste ultime ai fini della detrazione.

Sono i principi generali chiariti dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 188/E del 15 giugno 2020 con riferimento al trattamento fiscale ai fini IVA dei contributi pubblici.

Ai fini delle imposte dirette

Nella risposta in commento, l’Amministrazione finanziaria, ricorda altresì che il trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette, dei contributi ricevuti dalle imprese cambia a seconda della finalità per cui sono erogati. In particolare in base alle loro caratteristiche, questi, si classificano come:

  • contributi in conto esercizio, se erogati ad integrazione di ricavi o riduzione di costi e oneri di gestione;
  • contributi in conto capitale, se finalizzati ad incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa, senza che la loro erogazione sia collegata all’onere di effettuare uno specifico investimento;
  • contributi in conto impianto, se corrisposti per la realizzazione di un investimento duraturo.

I contributi in conto esercizio, ai fini fiscali, sono considerati, ai sensi dell’art. 85 comma 1, lett. g) e h) del TUIR, come ricavi e contabilmente sono rilevati per competenza nell’esercizio in cui sorge il diritto a percepirli.

Quelli in conto capitale sono considerati, in applicazione dell’art. 88, comma 3, lettera b) del TUIR, sopravvenienze attive e concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto.

Infine, i contributi in conto impianto non generano né sopravvenienze attive né ricavi in quanto rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono. Ciò significa che i contributi in conto impianti non assumono autonoma rilevanza ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi (Risoluzione n. 2/E del 22 gennaio 2010).