Il nome è “diritto d’informazione sul lavoro”. I destinatari, fin qui, i lavoratori dipendenti. Il che, di fatto, esclude un novero di lavoranti che svolgono le proprie mansioni in regime di lavoro somministrato, intermittente o coordinato/continuativo in termini di collaborazione. O meglio, escludeva. Dal 13 agosto 2022, infatti, l’obbligo di trasparenza sui contratti di lavoro ha esteso il diritto di informazione anche a queste categorie di lavoratori, inclusi i dipendenti della Pubblica amministrazione, degli enti pubblici, i marittimi, chi opera nella pesca e, infine, i collaboratori domestici.

Ossia, in linguaggio colloquiale, colf e badanti. C’è da dire che il diritto in questione potrebbe ritenersi assolto anche con la consegna al lavoratore della “Co”, laddove sia prevista, oppure di un contratto individuale di lavoro a patto che sia redatto per iscritto. Con tanto di possibilità, in caso di mancanze, di integrare le informazioni entro i termini previsti dal decreto. Quindi sette giorni oppure un mese, a seconda della tipologia dei dettagli mancanti. Regole incluse nella circolare n. 4/2022 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), illustrante le novità previste in materia di trasparenza.

Le novità della trasparenza

Come detto, la nuova norma estende di molto il ventaglio degli aventi diritto. Non che la trasparenza non fosse obbligatoria anche prima, ma con le nuove regole si intende rafforzare il concetto nelle relazioni fra datore di lavoro e dipendenti anche in contesti differenti da quello della Pubblica amministrazione e del pubblico in generale. Tale normativa, infatti, andrà ad applicarsi anche a tutte le categorie che svolgono lavoro subordinato sia a tempo determinato che indeterminato e perfino parziale. Stesso discorso per gli impiegati con contratti ritenuti “non standard”, ad esempio i somministrati e gli intermittenti. E lo stesso vale per le collaborazioni, sia coordinate che continuative, così come per il contratto di prestazione occasionale. Restano esclusi, ancora una volta, coloro che intrattengono rapporti di lavoro autonomo e chi svolge impieghi di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a 3 ore a settimana.

Fuori dal gruppo anche i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, così come le prestazioni di collaborazione da parte di familiari del titolare di un’impresa all’interno della stessa.

Il caso del “contratto a zero ore”

Discorso a parte per il cosiddetto “contratto a zero ore”. In questo caso, nel momento in cui sussiste un rapporto di lavoro secondo i suddetti canoni del predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di 3 ore settimanali, l’esclusione non si opererà in due casi distinti. Innanzitutto laddove la prestazione abbia superato il limite. L’informativa andrà a decorrere dal primo giorno successivo al superamento stesso. Inoltre, nel caso in cui la quantità di lavoro non sia stata predeterminata dal datore, a prescindere dal superamento della durata media dell’attività. In questa circostanza si parla di contratto a zero ore, ossia senza specifica dell’orario giornaliero richiesto al dipendente. L’obbligo sarà esteso anche ai Co.co.co., così come i contratti di prestazione occasionale. Per i lavoratori domestici, le famiglie committenti sono tenute all’obbligo di consegnare il contratto di lavoro prima dell’inizio del rapporto stesso. Pena, una sanzione da un massimo di 1.500 euro.