“Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire“, affermava Lev Tolstoj.

Viaggiare permette di scoprire posti e culture nuove. Alcune mete in particolare, in base ai propri gusti ed esperienze, possono risultare estremamente affascinanti, tanto da maturare addirittura il desiderio di trasferirvi.

In alternativa a tale passo importante, molti decidono quantomeno di avviare delle attività o comunque gestire dei piccoli affari. Ne sono un chiaro esempio tutti coloro che decidono di aprire un conto corrente fuori dai confini nazionali. Una prassi sempre più comune, che non bisogna prendere alla leggera. Questo perché vi sono degli adempimenti e dei limiti da rispettare, onde evitare di incorrere in pesanti sanzioni. Ecco quali.

Conto corrente all’estero, quando deve essere dichiarato

Le persone fisiche, ma anche enti non commerciali e società semplici che hanno la residenza fiscale in Italia devono rispettare gli obblighi inerenti la disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie all’estero. In questo modo si intendono contrastare possibili fenomeni di evasione fiscale. Entrando nei dettagli, come stabilito dall’articolo 2, comma 4-bis del Decreto legge numero 4 del del 28 gennaio 2014:

“All’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nel comma 1 non sussistono altresì per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 10.000 euro“.

Ne consegue che sono obbligati a dichiarare il conto estero nel quadro RW tutti coloro che superano la soglia di 10 mila euro.

Ma non solo, ai fini del pagamento dell’IVAFE, ovvero l’imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere, l’obbligo di dichiarare la detenzione di un conto all’estero scatta nel momento in cui la consistenza media supera quota cinque mila euro. Sono tenuti a fare apposita segnalazione nel quadro RW anche i soggetti che hanno la disponibilità del conto estero, pur non detenendolo in modo diretto.

Sanzioni per chi non effettua la dichiarazione

Grazie allo scambio di informazioni con gli altri Stati, il Fisco italiano può risalire in modo facile e veloce ai conti all’estero non dichiarati. I soggetti interessati, se scoperti, rischiano di incorrere in pesanti sanzioni. Il valore di quest’ultime differiscono a seconda dell’importo non dichiarato e allo Stato di detenzione del conto estero. In linea generale oscillano dal 3% fino ad arrivare al 30% dell’importo non dichiarato. Tali sanzioni possono includere il pagamento obbligatorio delle imposte sui redditi presumibilmente oggetto di evasione.

In alcuni casi è possibile ricevere anche una lettera di compliance. In quest’ultima circostanza il consiglio è di non perdere tempo e provvedere a mettersi al più presto in regola. A tal fine è possibile presentare una dichiarazione integrativa, beneficiando del ravvedimento operoso. In caso contrario il Fisco può procedere con un avviso di accertamento e richiedere il pagamento di sanzioni molto più elevate.