Può un concorso pubblico essere riservato solo ai residenti di una determinata regione/provincia o Comune? Secondo la decisione del Tar Toscana no e la sentenza (numero 891 del 27 giugno 2017) è destinata a fare scuola aprendo la porta a ricorsi contro bandi pubblici che fanno selezioni in base alla residenza. Il principio ha valenza generale: i pubblici concorsi devono essere aperti a tutti, senza limiti di residenza. Non solo: non è ammessa esclusione neanche dietro la giustificazione che il compenso non include il rimborso spese di viaggio.

 Sono ammesse deroghe solo in casi particolari e in via del tutto eccezionale. L’esempio che viene fatto è quello della specifica residenza inserita per assolvere in maniera più tempestiva i servizi specifici, altrimenti non eseguibili con la stessa efficienza.

Concorso pubblico, quando la residenza conta

Diverso è il caso che si propone quando, tra due candidati a parità di punteggio, venga scelto quello con la residenza più vicina. In questo caso quindi il requisito della residenza non è stato discriminante per l’accesso al concorso ma risulta essere un parametro preferenziale in casi di parità nel punteggio. Eventuali eccezioni vanno comunque motivate.

La sentenza apre la strada a possibili ricorsi perché non sono pochi i bandi di amministrazioni locali che mettono tra i requisiti di ammissione la residenza in loco.

Sono illegittimi, quindi, i bandi di concorso pubblico che richiedono ad esempio la residenza (magari da un certo numero di anni minimo) o l’iscrizione all’albo professionale di una specifica provincia.

Del resto questo principio, più volte ribadito dalla Consulta, è anche in linea e coerente con le disposizioni dei trattati dell’UE che impongono l’abolizione delle discriminazioni fondate sulla nazionalità relativamente alle assunzioni o le retribuzioni in un’ottica di libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità Europea.

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