Una vecchia legge dello Stato e numerose sentenze della Corte di Cassazione sembrano offrire un sostegno significativo a molti contribuenti alle prese con le cartelle esattoriali. Non stiamo parlando di sanatorie, condoni o rottamazioni, né di soluzioni legate alla prescrizione dei debiti iscritti a ruolo.

Il focus è piuttosto su una regola meno conosciuta, nota come il “silenzio-assenso”. Tutto ha inizio dalle norme che tutte le parti coinvolte devono rispettare: il contribuente, l’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’Ente creditore da cui origina il debito.

Cartella esattoriale annullata, cos’è la regola dei 220 giorni

Il meccanismo attraverso il quale il concessionario della riscossione (oggi Agenzia delle Entrate Riscossione, in passato Equitalia) invia le cartelle al contribuente si basa su regole precise. Analogamente, l’Ente creditore deve comunicare efficacemente con l’Agente di Riscossione. In caso di non rispetto di queste regole ferree, si può arrivare all’annullamento delle cartelle.

I protagonisti di questo processo sono sempre tre: l’Ente creditore (che può essere la Regione, il Comune o lo Stato), il concessionario della riscossione, e il debitore, ovvero il contribuente che deve saldare il debito. Non solo il contribuente, ma anche gli altri due soggetti devono attenersi scrupolosamente alle regole. Un errore nelle tempistiche può infatti portare alla sospensione della riscossione.

Ecco come funziona la legge 228 del 2012 in materia di sospensione della riscossione

Di fronte alle numerose richieste di chiarimenti sulle cartelle esattoriali potenzialmente illegittime che ci pervengono, la Cassazione ha recentemente ribadito i principi normativi introdotti dalla Legge n° 228 del 24/12/2012 riguardo la sospensione della riscossione delle cartelle.

In sintesi, i contribuenti potrebbero vedere annullate le proprie cartelle esattoriali se il concessionario alla riscossione e l’ente creditore non adempiono correttamente ai loro doveri. Dopo aver ricevuto la cartella, il contribuente può scegliere di pagare, chiudendo così la questione debitoria, oppure può decidere di presentare un ricorso tramite un’istanza in autotutela entro 60 giorni.

Quest’istanza deve includere la richiesta di sospensione della riscossione della, supportata da motivazioni e documentazione adeguata. Tra le possibili motivazioni si includono:

  • prescrizione o decadenza del debito;
  • provvedimenti di sgravio da parte dell’Ente creditore;
  • sospensioni amministrative o giudiziali del debito;
  • pagamenti del debito già effettuati.

O qualsiasi altra causa che possa invalidare la pretesa dell’Ente creditore e del concessionario alla riscossione.

Cartelle esattoriali, ecco l’iter da seguire e come funziona la regola dei 220 giorni

Una volta inviata l’istanza via posta raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC, il contribuente ha compiuto il suo dovere. Il concessionario alla riscossione, ricevuta l’istanza, ha 10 giorni di tempo per informare l’Ente creditore delle azioni intraprese dal contribuente.

L’Ente, a sua volta, deve agire in conformità con l’articolo 1, commi da 537 a 543, della legge di Stabilità del 2012. E procedere rapidamente per mantenere la legittimità della sua richiesta nei confronti del contribuente. Deve comunicare al debitore l’esito dell’istanza, che può essere la conferma del debito o l’accoglimento delle motivazioni del contribuente per la sospensione del ruolo.

In base a questa legge, la cartella esattoriale dovrebbe essere automaticamente cancellata dal carico del contribuente se la procedura descritta non si completa entro 220 giorni.