La busta arancione Inps, col simulatore online “la mia pensione”, permette ai lavoratori di prevedere l’importo dell’assegno pensionistico. Ma è attendibile il calcolo della pensione secondo i criteri Inps? Che avere un’idea di quanto si percepirà usciti dal lavoro sia un diritto è incontestabile, soprattutto in seguito alla riforma previdenziale del 2011 che ha introdotto il sistema contributivo legando il montante accumulato non più ad un dato certo come quello della media delle ultime retribuzioni, ma alla quantità di contributi versati e all’andamento variabile dell’economia e del pil.

Così, sul modello svedese, l’Inps ha deciso di sperimentare la busta arancione. Ma noi italiani non abbiamo la precisione svedese, come testimonia l’iter travagliato di questo strumento, più volte rimandato prima del lancio sotto la gestione di Tito Boeri. Abbiamo visto nel dettaglio come funziona il software che permette, tramite accesso al sito Inps, di calcolare l’importo lordo presumibile della pensione di vecchiaia e di anzianità nonché la data del presunto pensionamento.

Simulatore Inps: i criteri del calcolo pensioni

L’Inps mette le mani avanti precisando che il simulatore per il calcolo pensioni è basato sui fattori eterogenei alcuni dei quali variabili e su elementi fissi. Il lavoratore stesso può provare a modificare alcuni di questi valori introducendo margini di rischio, come ad esempio eventuali periodi di non occupazione, per rendere la stima più attendibile. Ma c’è un dato che non può essere modificato: la rivalutazione del montante contributivo fissata all’1,5% l’anno in linea con le previsioni ufficiali delle progressioni medie ogni cinque anni del Pil. In altre parole i contributi accumulati vengono rivalutati anno sulla base del prodotto interno lordo dell’Italia nei cinque anni precedenti. Ma l’1,5% è attendibile? A ben vedere la percentuale sembra essere troppo ottimistica se paragonata all’andamento effettivo del Pil italiano negli ultimi anni (-0,19%).

Come si legge nell’ultimo Bilancio del Sistema previdenziale italiano gestito dal comitato scientifico di Itinerari Previdenziali diretto da Alberto Brambilla “secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, le future pensioni in rapporto all’ultima retribuzione, cioè i tassi di sostituzione, paiono più che buoni: si va dal 73 al 79% per i dipendenti e dal 64 al 71% per i lavoratori autonomi. E’ un dato certamente confortante e comunque tra i più elevati tra i Paesi industrializzati. Tuttavia queste proiezioni considerano uno sviluppo del pil reale dell’1,57%, un’inflazione del 2% e una crescita delle retribuzioni individuali reali dell’1,51%”. Il rapporto di Itinerari Previdenziali spiega che “nel periodo dal 2008, anno d’inizio della grande crisi economica alla fine del 2014 avremmo dovuto avere, sulla base della legge Dini che prevede un Pil reale di periodo pari all’1,5%, una crescita del Pil reale pari al 10,984%, e ancor più alto sulla base delle ipotesi della Ragioneria generale sopra indicate. Invece la rivalutazione in termini reali dei montanti contributivi è stata addirittura negativa e pari al –4,541%, e quindi la rivalutazione dei contributi versati, è stata pari in realtà al -16%”. Il gap tra previsioni e dati reali è maggiore per i lavoratori autonomi.