Se è particolare il meccanismo con cui il sistema chiede ai lavoratori di maturare i requisiti per andare in pensione, ancora di più lo sono le regole di calcolo dei trattamenti a cui sono assoggettati i lavoratori. Tra calcolo retributivo, contributivo e misto, capire come si arriva al rateo di pensione mensile è un esercizio azzardato anche per chi è addetto ai lavori.

Ecco perché i dubbi dei lavoratori riguardo al calcolo del loro trattamento pensionistico sono tanti. Per esempio, molti ci chiedono che incidenza abbia la disoccupazione indennizzata INPS sulla pensione.

Perché non è raro che un lavoratore sul finire della carriera passi prima dalla Naspi e poi vada in pensione. Un esempio è ciò che ci chiede Paolo, un nostro lettore.

“Salve, sono Paolo e volevo chiedervi se rischio di penalizzare la mia pensione prendendo 12 mesi di Naspi. Infatti ho pattuito, con l’azienda per cui lavoro, il mio licenziamento a dicembre. Ho raggiunto già 35 anni di contributi e compio 67 anni di età proprio a dicembre 2024. Andrò in pensione nel 2024 quindi, e volevo andare a riposo prima grazie alla Naspi. La prendo per un anno e poi vado in pensione. Ma ho questo dubbio. Mi aiutate prima che sia troppo tardi dal momento che il mio licenziamento da accordi scatterebbe il 31 dicembre prossimo. E volendo posso ancora ritrattare.”

Come la disoccupazione incide sul calcolo dell’assegno previdenziale

Percepire la Naspi o qualsiasi altra indennità per disoccupati incide negativamente sul calcolo della pensione? Questa domanda non è strana, anche perché effettivamente ciò che si prende di disoccupazione finisce con l’incidere sul trattamento pensionistico. Molti sfruttano la disoccupazione indennizzata INPS come trattamento economico di accompagnamento alla vera pensione.

Addirittura c’è chi prende 24 mesi di Naspi proprio per lasciare il lavoro prima sfruttando la contribuzione figurativa per arrivare alla giusta soglia contributiva per la quiescenza. Ma non sempre prendere la Naspi, soprattutto sul finire della carriera, conviene.

Molto dipende dalla misura prescelta, ma soprattutto dalle regole di calcolo della pensione dopo la Naspi, dal quale si dedurrà la propria rendita.

Calcolo della pensione, ecco come incide la Naspi, cosa si perde e cosa si può fare

Per la pensione di vecchiaia a 67 anni di età con almeno 20 di contributi, i contributi figurativi non sono assoggettati a regole particolari. Per esempio, il periodo passato in disoccupazione non ha regole stringenti. Invece, per le pensioni anticipate molto cambia. Perché per esempio, sia per le ordinarie che per le varie quota 100, 102 o 103, ma anche per la quota 41 per i precoci, servono 35 anni di contributi effettivi. Al netto, quindi, di quelli per disoccupazione e malattia. Questi contributi possono essere utili per la cosiddetta maggiore anzianità, ma non per il diritto alla pensione.

Come si calcola l’indennità di disoccupazione

La Naspi dura massimo 24 mesi e, in genere, la metà delle settimane lavorate nei 4 anni precedenti. Anche il calcolo della Naspi si basa sugli ultimi 4 anni. Naturalmente, gli ultimi 4 anni di retribuzione. Infatti l’indennità di disoccupazione è calcolata sulla media mensile delle retribuzioni dell’ultimo quadriennio. E si riceve il 75% fino a una determinata cifra massima prestabilita. Ciò che vogliamo sottolineare è che la Naspi è sempre inferiore allo stipendio quindi.

Nel sistema retributivo le pensioni sono calcolate in base alle retribuzioni degli ultimi anni di carriera. Nel sistema contributivo invece sono calcolate in base all’ammontare dei contributi versati. Ma i contributi si versano sempre in base agli stipendi. Per esempio è del 33% l’aliquota contributiva prevista dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD). Quindi, più alto è lo stipendio più alti sono i contributi che si accumulano. E se la Naspi è più bassa dello stipendio, è evidente che si accumulano meno soldi per la propria pensione.

Da caso a caso cambia tutto, ecco a cosa prestare attenzione

Tradotto in termini pratici, la Naspi incide negativamente sulla pensione, ma solo se il diretto interessato ha un’alternativa occupazionale, altrimenti non ha scelta. Meglio lavorare che prendere la disoccupazione per arrivare a prendere una pensione più alta naturalmente. I

l periodo trascorso a percepire l’indennità del disoccupati Naspi (ma il discorso vale anche per le vecchie DS ordinarie, Requisiti Ridotti, Aspi e Mini Aspi), viene considerato ai fini pensionistici, come un normale periodo di retribuzione e quindi di contribuzione (ma figurativa).

Pensioni con sistema retributivo

Nel calcolo con il sistema retributivo quindi, se gli ultimi anni di carriera sono passati prendendo la disoccupazione, è evidente che si rischia di subire una penalizzazione perché scendono le medie degli stipendi degli ultimi anni. Ma esistono soluzioni di salvaguardia. Perché il lavoratore può scegliere di escludere le contribuzioni da Naspi con lo strumento della neutralizzazione o della sterilizzazione dei contributi.

Anzi, nel calcolo esclusivamente retributivo, l’INPS non può esimersi dal concedere al pensionato il trattamento più favorevole. Infatti l’Istituto provvederà a calcolare la pensione in due modi. Inserendo i periodi di Naspi ed escludendoli. Quale delle due strade concede la pensione maggiore al lavoratore è quella che l’INPS adotterà nel calcolo della pensione.

Pensioni con calcolo contributivo

Nel calcolo contributivo invece, i contributi da disoccupazione finiscono in quella specie di salvadanaio che è il montante contributivo. Si aggiungono quindi a tutti gli altri contributi aumentandoli. Per questo, non c’è incidenza negativa sulla prestazione pensionistica per chi viene licenziato e non trova nuovo lavoro. In definitiva, chi è preoccupato che il periodo di Naspi immediatamente antecedente la pensione finisca con il far perdere soldi di pensione, può stare tranquillo.