Il bonus “presenza” di 100 euro previsto dal decreto “Cura Italia” a favore dei lavoratori che, nonostante la pandemia in essere, nel mese di marzo 2020, hanno continuato a spostarsi nel territorio dello Stato per svolgere la propria attività, non può essere esteso ai lavoratori che prestano la propria attività all’estero.

Si è espressa in tal senso l’Agenzia delle Entrate con la risposta n° 271 del 20 aprile 2021.

Il bonus presenza

Durante la pandemia da Covid-19, ha preso sempre più piede il c.

d smart working. In molti casi, i lavoratori pubblici e privati prestano la loro attività da casa, limitando gli spostamenti. Tuttavia, vuoi per le caratteristiche della mansione svolta vuoi per le esigenze aziendali, molti lavoratori si sono recati presso la propria sede abituale di lavoro, anche nei mesi del lockdown più stringente.

Da qui, l’art.63 del D.l. 18/2020, decreto Cura Italia, ha introdotto un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati con reddito complessivo 2019 non superiore a 40.000 euro che, durante il periodo di emergenza sanitaria Covid-19, hanno continuato a prestare servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020.

Il bonus presenza è ragguagliato ai giorni in cui il lavoro è prestato nella sede originaria di svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò significa che: il premio pieno di 100 euro spetta al lavoratore qualora abbia svolto la propria prestazione lavorativa in presenza in tutti i giorni previsti dal contratto. Indipendentemente se in full time o part time (Risoluzione, Agenzia delle entrate, n°18/e 2020).

Il bonus presenza non è tassato ed è riconosciuto direttamente in busta paga dal datore di lavoro.

Il datore di lavoro lo recupera in F24. A tal proposito, si veda, la risoluzione n°17/e 2020.

Bonus presenza: la risposta n°271 del 20 aprile 2021

La risposta n°271/2021 del 20 aprile,  prende spunto da apposita istanza di interpello.

Istanza con la quale, un Ministero che si avvale, presso le sedi di rappresentanza estere, di personale di ruolo temporaneamente in esse trasferito e di dipendenti a contratto permanentemente, residenti nello Stato nel quale vengono assunti, ha posto uno specifico quesito in merito proprio all’applicazione dell’art. 63 del D.L. 18/2020.

Nello specifico, il Ministero ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se il c.d bonus presenza possa essere applicato anche agli impiegati a contratto che sono assunti dagli uffici della rete diplomatico-consolare all’estero, distinti dal personale di ruolo. Indipendentemente dal regime fiscale e previdenziale applicato.

I predetti impiegati a contratto sono assunti dagli uffici all’estero con i quali stipulano il contratto d’impiego e fanno parte di un contingente distinto dal personale di ruolo dell’Istante.
Gli impiegati a contratto possono dividersi in due grandi categorie:

  • quelli con contratto regolato dalla legge italiana (cd. categoria “ad esaurimento”) e quelli
  • con contratto regolato dalla legge locale.

Precisazioni

Il Ministero fa presente che alla prima categoria si applicano le norme di contrattazione collettiva italiana per quanto esplicitamente richiamate in specifici “Accordi successivi” ai CCNL; ai secondi si applica una tutela minima di derivazione “italiana”, salvo applicazione della legge locale per quanto non espressamente previsto e in ipotesi di previsioni locali più favorevoli al lavoratore o di carattere imperativo non derogabili per via contrattuale.

Dal punto di vista del regime fiscale, sia per i contratti attratti alla legge italiana sia per quelli regolati dalla legge locale: trova applicazione il regime fiscale italiano o quello del Paese di servizio in base a quanto previsto dalla normativa fiscale internazionale e locale. In generale, prevale il principio di attrazione al regime fiscale dello Stato che eroga le retribuzioni (italiano). Salvo che le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con il Paese estero prevedano l’assoggettamento a tassazione nel Paese estero.

Da qui, per i dipendenti soggetti alle regole di tassazione italiana, si considera come reddito di lavoro dipendente imponibile ai fini IRPEF, il 50 per cento della retribuzione percepita. Ciò, in  base alle previsioni di cui all’articolo 51, comma 8 del DPR 917/86, TUIR.

Nel caso in cui il personale è soggetto ad imposizione nel Paese estero, la base imponibile fiscale varia a seconda della legislazione di ciascun Paese.

Da punto di vista contributivo, indipendentemente dal regime fiscale applicato, ai fini previdenziali, il personale il cui rapporto di lavoro è disciplinato dalla legge italiana è iscritto alle forme di previdenza INPS.

Il parere dell’Agenzia delle entrate: no al bonus presenza per i lavoratori all’estero

Con alcuni documenti di prassi, tra cui la circolare n° 11/e 2020, l’Agenzia delle entrate ha individuato la ratio della disposizione normativa in esame. L’obiettivo del legislatore è quello di ristorare i dipendenti che nel corso del mese di marzo 2020 hanno continuato a svolgere l’attività lavorativa nel luogo di lavoro, ovvero in trasferta presso clienti o in missioni o presso sedi secondarie dell’impresa, nonostante la situazione epidemiologica in atto.

Il bonus presenza non è riconosciuto ai lavoratori in smart working.

Fatta tale ricostruzione, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il premio di euro 100, previsto dall’articolo 63 del decreto Cura Italia, non possa essere erogato agli impiegati a contratto assunti all’estero in quanto nel caso di cui trattasi i lavoratori svolgono la propria prestazione all’estero. Tale orientamento era già stato evidenziato dall’Agenzia delle Entrate con la già citata circolare n°11/e 2020. Il sostituto d’imposta italiano non può erogare il bonus di euro 100 ai propri dipendenti che svolgono l’attività lavorativa all’estero.