Quando si parla di bonus sullo stipendio e quindi di un aumento della retribuzione, inevitabile che sia un argomento di interesse generalizzato. Alzi la mano il lavoratore che non è attratto da un eventuale incremento dello stipendio. Proprio per questo motivo il bonus mamma lavoratrice sta riscuotendo un enorme interesse. Sia come numero di domande già presentate ai propri datori di lavoro da molte lavoratrici, che come richiesta di informazioni da parte di chi non lo ha ancora fatto.

Il bonus mamma lavoratrice però non è sempre conveniente.

Molto dipende da caso a caso e da lavoratrice a lavoratrice. Adesso analizzeremo nel dettaglio la misura per capirne le reali proporzioni. Perché parlare solo di bonus non è giusto. Ci sono incastri della misura con il taglio del cuneo fiscale, con l’IRPEF e perfino con altre agevolazioni come l’Assegno Unico sui figli e i bonus luce e gas.

“Buonasera, sono una lavoratrice dipendente con tre figli minorenni a carico. Per questo dovrei avere diritto al bonus mamma lavoratrice. Ma non ho ancora presentato la domanda perché voglio prima essere sicura che l’operazione sia conveniente. Ho un reddito annuo di 18.000 euro e vi chiedo di darmi delle spiegazioni con parole semplici relative a questa agevolazione. Perché non sono sicura che sia una cosa conveniente rinunciare ai contributi previdenziali prendendoli in busta paga. Anche perché sono convinta che le cifre di incremento dello stipendio non sono quelle tanto pubblicizzate.”

Bonus mamma lavoratrice, ecco come funziona in sintesi

Il bonus mamma lavoratrice è destinato a donne che hanno almeno 3 figli. E si può prendere fino al 2026 o fino a quando il figlio più piccolo non diventa maggiorenne. Sempre se si tratta di figli a carico della lavoratrice perché non autonomi redditualmente (per soggetti sotto i 24 anni di età la soglia dell’autonomia reddituale è di 4.000 euro).

Solo per il 2024 la stessa agevolazione è destinata a lavoratrici con solo due figli. Ma in questo caso solo per il 2024 e soprattutto solo fino a quando il figlio più piccolo non raggiunge i 10 anni di età. Il bonus permette alla lavoratrice di ottenere lo sgravio dei contributi previdenziali a suo carico, che sono pari al 9,19%. Ma come vedremo in seguito, la percentuale di ciò che si recupera è molto inferiore al 9,19% per molte lavoratrici.

Bonus mamma lavoratrice: ISEE, reddito e tutto ciò che cambia, ecco a chi non conviene richiederlo

La nostra lettrice è una delle tante interessate al bonus, che non ha ancora presentato istanza. A dire il vero l’istanza non è altro che la comunicazione dei figli a carico al proprio datore di lavoro. Lavoratrici attratte dall’agevolazione, ma dubbiose sul da farsi, sono tante. Come spesso accade con bonus e agevolazioni infatti, non sempre è oro tutto ciò che luccica. Un detto che per questo bonus madri lavoratrici calza a pennello.

Non sempre questo bonus produce vantaggi, soprattutto perché il bonus mamma lavoratrice aumentando la busta paga produce alcuni effetti che vanno meglio considerati. Un aumento della busta paga significa aumentare il reddito e di conseguenza aumentare l’imponibile ai fini IRPEF. Infatti un aumento della busta paga aumenta anche la soglia dell’ISEE. E questo non può essere non considerato dal momento che soprattutto sui figli ci sono anche altre agevolazioni come l’Assegno Unico.

Inoltre, per via del taglio del cuneo fiscale, ciò che viene tolto dalla busta paga alla voce contributi, non è il 9,19% ma molto di meno. Infatti il taglio del cuneo vale il 7% di sconto per lavoratori fino a 25.000 euro di reddito e il 6% di sconto per lavoratori con redditi tra i 25.000 e i 35.000. Di fatto molte lavoratrici se chiedono il Bonus, ottengono un surplus di stipendio del 2,19% o del 3,19%.

Aumentano le tasse da pagare, occhio ai conteggi da fare

Il concreto rischio è che godendo di un’agevolazione come può essere il bonus mamma lavoratrice si finisca con il pagare più tasse o con il percepire meno sussidi e aiuti di altro genere se collegati all’ISEE. E, come dicevamo, a fronte di uno sconto che non è “ricco” come si potrebbe credere. Gli importi del bonus di cui tanto si parla non sono esattamente quelli che sono stati diffusi, ciò per via del taglio del cuneo. Quelle che effettivamente si avvantaggiano sono lavoratrici con buste paga elevate. Lo dimostra ampiamente uno studio elaborato dalla Fisac-Cgil, pubblicato sul Corriere della Sera.

Per esempio, con 2.000 euro di retribuzione mensile lorda, la lavoratrice ottiene uno sconto sui contributi di 64 euro al mese, ma versa 15 euro in più di IRPEF. Se questi 49 euro di surplus di stipendio oltre ad aumentare il reddito imponibile, finiscono con l’aumentare anche l’ISEE della famiglia (magari insieme ai redditi del coniuge), ecco che l’Assegno Unico potrebbe scendere di molto rispetto a quanto percepito adesso. Quindi, ecco i conti da fare per valutare la convenienza al bonus mamma lavoratrice e come incide sull’ISEE e sulla base imponibile per il calcolo dell’IRPEF.

ISEE importante, ed il bonus mamma lavoratrice rischia di incidere sull’indicatore

L’Assegno Unico è scollegato dall’ISEE come diritto, ma si basa su questo certificato per quanto concerne gli importi. Infatti con un ISEE fino a 17.090,61 euro, l’importo della misura può arrivare nel 2024 a 199,40 euro. Per ISEE superiori si inizia a scendere progressivamente, fino ad arrivare a 57 euro al mese a figlio per chi ha un ISEE superiore a 45.574,96 euro.

E per gli sconti su luce e gas, cioè sui bonus sociali, la situazione non cambia. Con un ISEE superiore a 9.530 euro, o superiore a 20.000 euro per le famiglie numerose (4 o più figli), si perde il diritto all’agevolazione.

Come detto quindi, occhio a valutare solo l’incremento dello stipendio con il bonus mamma lavoratrice. C’è da considerare tanto altro.