Non si placa il dibattito sul bonus bebè. Anzi, dopo la conferma della proroga che avrebbe dovuto placare gli animi e far tirare un sospiro di sollievo a chi ne temeva la cancellazione, il confronto si è fatto ancora più intenso. Una norma scritta (appositamente?) in modo da ingenerare confusione sulla durata del bonus bebè fa scattare le polemiche dell’opposizione. E’ vero che il bonus bebè dopo il 2018 non durerà più tre anni ma solamente uno? Oppure, come sostiene il Pd, è l’importo che, dopo il primo anno, subirà un taglio?

A puntare il dito è Alternativa popolare di Alfano che accusa: “la commissione Bilancio ha scritto che vale fino al compimento di un anno di età del bambino, ma la legge che avevamo votato lo prevedeva per tre anni”.

Secondo il Pd la norma è chiarissima invece: il bonus bebè viene erogato per i primi tre anni di vita del bambino “ma solo il primo l’assegno sarà pieno”, questo per una questione di copertura economica. A chi dà alla luce o adotta un bambino quindi saranno riconosciuti 80 euro al mese per il primo anno, poi l’importo del bonus bebè scende a 40 euro per il secondo e il terzo anno. A subire un decremento quindi non è la durata bensì l’importo del bonus bebè. Spiega infatti il capogruppo Pd in commissione Bilancio del Senato, Giorgio Santini: “il bonus è triennale fino ai tre anni di vita del bambino” ma nel secondo e nel terzo scende a 480 euro all’anno. Anche Luciano Pizzetti, sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, è concorde nel definire l’interpretazione della Legge di Bilancio sul punto fuorviante, confermando che il bonus bebè diventa strutturale avendo trovato “le coperture per il 2018 e per gli anni seguenti nel bilancio dello Stato così come risulta dall’emendamento approvato in commissione Bilancio che sarà assorbito dal maxi emendamento del governo nel pieno rispetto dei lavori e delle intese parlamentari”.

Una spiegazione che non convince del tutto l’opposizione che ha chiesto al governo di intervenire in modo da chiarire in modo ufficiale quanto disposto dalla legge Bilancio dandone un’interpretazione autentica perché, sottolinea Simona Vicari in Aula al Senato “l’accordo politico strategico sulla famiglia raggiunto in commissione e per noi rappresenta la più importante condizione per votare questa manovra”.

Quel che è certo è che in un clima di dubbi e incertezze, lasciare spazio ad una possibile interpretazione fuorviante non aiuta i neogenitori o chi sta per diventarlo. Molti utenti ci scrivono proprio perché non sanno quali sono le agevolazioni e gli incentivi alla natalità confermati e a quali condizioni. Se neppure la legge li aiuta è evidente che molti rischiano di perdere la possibilità di fare domanda per bonus che invece gli spetterebbero. E questo sarebbe inaccettabile.