L’invecchiamento della popolazione, i problemi di salute degli anziani e la solitudine sono alla base della larga diffusione della professione della badante. Infatti moltissime famiglie italiane ormai hanno alle loro dipendenze questa figura professionale. Un lavoro spesso irregolare però. E questo nasce da una problematica da non sottovalutare.

Perché il lavoro nero nel settore domestico non sempre nasce dalla ferma volontà di una famiglia di evadere le tasse o di risparmiare. A volte è una necessità. Gli importi esigui di molte pensioni portano tanti anziani a non potersi permettere una badante, soprattutto se assunta in regola.

Allora, ecco che oggi parliamo di una soluzione alternativa che una recente sentenza della Corte di Cassazione adesso rende possibile.

“Buonasera, sono una badante di origine rumena che da 25 anni è in Italia. Ho sempre lavorato regolarmente e ho anche preso la Naspi. Infatti a novembre ho terminato di prendere la disoccupazione dopo il decesso di un’anziana per la quale ho lavorato per 17 mesi consecutivi. Adesso un’altra anziana mi ha chiesto di lavorare per lei. Ma non ha la possibilità di pagarmi come dovrebbe essere in base alla legge. La sua pensione mensile è di poco meno di 600 euro al mese. Non ha figli che possono dargli una mano. Secondo voi può darmi la casa al posto dello stipendio come qualche mese fa un Giudice ha detto che si può fare? Visto che io non ho casa e che oggi sto appoggiata da una mia amica, potremmo trovare la soluzione in questo modo, giusto?”

Badanti: Curare un anziano ricevendo la casa e non lo stipendio è possibile

Un anziano che vive solo, senza parenti che possono dargli una mano, ma senza la possibilità economica di assumere una badante, non è un caso raro oggigiorno. Il lavoro domestico oggi ha le sue regole, fissate da un CCNL di categoria preciso ed esaustivo, a partire dalle giuste retribuzioni da corrispondere.

Tradotto in termini pratici, la badante ha un suo costo. E non sempre è sostenibile, soprattutto da pensionati che vivono con pensioni minime spesso vicine alla soglia della povertà. Ecco quindi che arriva una novità che potrebbe risolvere una situazione ingarbugliata come questa.

Ecco un caso particolare risolto dalla Cassazione

In base a una sentenza degli ermellini della Suprema Corte di Cassazione, un’anziana può disporre di quella che in gergo si chiama nuda proprietà della casa. In altri termini, a sua discrezione un titolare del diritto di proprietà di un immobile può disporre come vuole, a meno che non si entri nel campo della circonvenzione di incapace o nel caso di donazioni che finiscono con il ledere la quota di eredità legittima dei discendenti del titolare.

La sproporzione tra i servizi offerti dalla badante e il valore dell’immobile

In questo caso parliamo di anziani perfettamente capaci di intendere e volere che, privi dei requisiti economici per assumere una badante, scelgono la via della cessione della nuda proprietà in cambio dell’assistenza tanto desiderata. La badante presta assistenza all’anziana, che nel frattempo cede la proprietà alla badante stessa, riservandosi però il diritto di usufrutto.

La sentenza della Cassazione riguarda un ricorso che la figlia di un’anziana ha proposto proprio perché l’anziana madre aveva ceduto l’immobile alla badante. Alla base del ricorso, la sproporzione tra il bene ceduto e i servizi offerti dalla lavoratrice. Ciò che dice la nostra lettrice probabilmente fa riferimento a questa sentenza, cioè la n° 28329 del 10 ottobre 2023.

Cosa deve essere chiaro al momento della stipula del contratto

In quel caso i Giudici avevano dato torto alla figlia dell’anziana poi deceduta. Infatti molto dipende da quando si sottoscrive un contratto che rientra nel novero dei vitalizi alimentari.

Dalla condizione mentale del cedente la casa e, soprattutto, dalle condizioni di salute al momento della cessione.

Infatti, entrando nel dettaglio della sentenza, la sproporzione tra bene ceduto e lavoro di cura può nascere quando nel momento della sottoscrizione del contratto, le condizioni di salute dell’anziana fanno presagire una repentina morte di quest’ultima.

Se invece all’atto della stipula le condizioni dell’anziana non lasciavano trasparire una imminente dipartita, ma anzi, lasciavano presagire un progressivo peggioramento della condizione di salute con susseguente aumento del lavoro di chi riceve la casa, il contratto è valido a tutti gli effetti. Almeno stando alla sentenza prima citata.