Aumentano le pensioni nel 2023, questo è fuori discussione. Il nuovo meccanismo di perequazione è ormai ufficializzato. Ma ci saranno pensionati che prenderanno 600 euro al mese come minima. La perequazione finirà con il fare arrivare in più ai pensionati. Anche circa 500 euro in più, ma solo in una delle tre fasce prestabilite. L’aumento delle pensioni è un argomento caldo, anche perché c’è chi a gennaio non ha preso nulla di aumento e non si spiegano i perché.

“Buonasera, sono un pensionato con assegno da 2.300 euro lordi al mese nel 2022.

A gennaio mi aspettavo un aumento, come molti siti e giornali scrivono ed hanno scritto. Ma non ho ricevuto nulla. Mi spiegate perché e come funzionano questi aumenti per noi pensionati?”

Nuovo meccanismo di indicizzazione delle pensioni, quali aumenti e per chi

pensioni

La legge di bilancio ha rivisitato completamente il meccanismo di indicizzazione delle pensioni. Solo quelle fino a 4 volte il trattamento minimo non hanno subito modifiche passando dal vecchio al nuovo meccanismo. Per contro, le pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo, vengono rivalutate in misura differente rispetto a prima. Ma sempre sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici per i pensionati sopra i 75 anni di età è stata introdotta dal Governo una misura che porta la minima a 600 euro al mese.

Come verranno aumentate le pensioni nel biennio 2023/2024

Il nuovo meccanismo di perequazione delle pensioni è entrato subito in vigore da gennaio, e sarà quello utilizzato anche per le perequazioni del 2024. Un sistema nuovo che è meno favorevole per molti pensionati, a partire dal fatto che pare che venga meno il sistema a scaglioni. L’aumento pieno rispetto alla perequazione spetta a pensionati con assegni fino a 4 volte il trattamento minimo. Per gli altri pensionati, non si adotterà più il meccanismo che faceva godere dell’integrazione piena per la parte di pensione fino a 4 volte il trattamento minimo e della perequazione ridotta solo per la parte eccedente questo limite.

Niente progressività dunque, e addio al sistema che che l’INPS ha utilizzato fino al 2022.

Il ritorno della scala mobile? ecco di cosa si tratta

I più anziani di età ricordano quello che veniva chiamato meccanismo della scala mobile. Lo Stato adeguava pensioni e stipendi al tasso di inflazione con un meccanismo quasi a pareggio, nel senso che la percentuale di inflazione subita dalla popolazione veniva risolta con un incremento di qualsiasi trattamento. Il meccanismo della perequazione è dello stesso genere. Anche se al salire della pensione si riduce il guadagno della perequazione solo ad una percentuale del tasso di inflazione calcolato. Il trattamento minimo dell’INPS per il 2023 sale quindi da 525 euro a 563. E si tratta di un incremento che sfiora i 500 euro annui (esattamente 498 euro all’anno, e 38,35 euro al mese in più).

Come è cambiato il meccanismo di perequazione delle pensioni

Fino al 2022 il sistema era basato su tre scaglioni progressivi. Fino a 4 volte il trattamento minimo il 100% di indicizzazione. Tra le 4 e le 5 volte lo stesso trattamento, pensioni aumentate in misura pari al 90% del tasso di inflazione. Per le pensioni più alte ancora, aumenti pari al 75% dell’aumento del costo della vita. Oggi si torna a sei fasce, con l’unica costante che è rimasta quella per i pensionati fino a 4 volte il trattamento minimo che godevano e godranno della rivalutazione piena. Parliamo di pensioni inferiori ai 2.101,52 euro lordi al mese. E sono proprio questi i pensionati che hanno ricevuto l’aumento previsto già con il rateo di gennaio. Per gli altri sarà febbraio il mese indicato per l’indicizzazione. Infatti stando a quanto si apprende da una nota dell’INPS, per evitare di concedere incrementi provvisori e potenzialmente erronei, tutti i pensionati delle fasce che entrano dentro le modifiche del governo, vista l’approvazione “last minute” della manovra, dovranno pazientare.

 

Quali le fasce di indicizzazione delle pensioni nel 2023 e nel 2024

La comunicazione INPS nello specifico ha confermato questa linea. E cioè che “al fine di evitare la corresponsione di somme potenzialmente indebite, la rivalutazione è stata attribuita in misura pari al 100% a tutti i beneficiari il cui importo cumulato di pensione sia compreso nel limite di quattro volte il trattamento minimo in pagamento nel 2022 (pari a 2.101,52 euro)”. Solo per completezza di informazione, per il 2023 escludendo la prima fascia già citata, le pensioni verranno indicizzate secondo la seguente tabella:

  • Fino a 5 volte il trattamento minimo dell’INPS e fino a 2.625 euro lordi al mese, 85% del tasso di inflazione e aumento del 6,2%;
  • Sopra 5 e fino a 6 volte il trattamento minimo dell’INPS e fino a 3.150 euro lordi al mese, 53% del tasso di inflazione e aumento del 3,8%;
  • Sopra 6 e fino a 8 volte il trattamento minimo dell’INPS e fino a 4.200 euro lordi al mese, 47% del tasso di inflazione e aumento del 3,4%;
  • Sopra 8 e fino a 10 volte il trattamento minimo dell’INPS e fino a 5.250 euro lordi al mese, 37% del tasso di inflazione e aumento del 2,7%;
  • Sopra 10 volte il trattamento minimo dell’INPS e oltre 5.250 euro lordi al mese, 32% del tasso di inflazione e aumento del 2,3%.