Stanno iniziando ad arrivare i primi numeri relativi all’assegno di inclusione. La nuova misura che ha sostituito il reddito di cittadinanza infatti è già attiva, a tal punto che sono già due i pagamenti che l’Inps ha provveduto a inviare ai contribuenti. I numeri però sembrano mettere in luce un fatto particolare. L’INPS nega l’assegno di inclusione a molte famiglie che fino a oggi hanno beneficiato del reddito di cittadinanza. E invece chi lo ha già percepito, ha trovato cifre non coincidenti con quelle che prendeva prima.

“Buonasera, volevo capire perché sono stato escluso dall’Assegno di Inclusione. Ho presentato domanda, sono una donna senza reddito con due figli e casa in affitto. Anche se ho 50 anni di età, i miei due figli sono minorenni. Pare che supero i limiti del patrimonio. Cosa significa?”

Assegno di inclusione, molte domande respinte e importi bassi, ecco cosa potrebbe cambiare

Il 26 gennaio scorso hanno percepito la prima ricarica dell’assegno di inclusione i richiedenti che hanno presentato la domanda entro il 7 gennaio. Coloro che invece hanno presentato la domanda entro il 31 gennaio hanno preso il primo pagamento il 15 febbraio.

Questo però solo per chi ha avuto la domanda accolta. Perché invece risultano tantissimi i contribuenti che nonostante abbiano presentato la domanda credendo di avere i requisiti, non hanno percepito nulla di tutto ciò.

Domande ADI respinte, perché?

Una domanda ogni tre pare che sia respinta dall’INPS. In primo luogo la reiezione di queste domande parte dal fatto che i richiedenti non hanno assolutamente diritto al nuovo sussidio. Probabilmente perché hanno un’età che li esclude dalla possibilità di fare richiesta.

Infatti occorre ricordare che per l’assegno di inclusione i beneficiari sono soltanto soggetti sopra i 60 anni di età, minorenni, invalidi o presi in carico dei servizi sociali. Tutti gli altri non hanno diritto a questo strumento.

Le famiglie composte esclusivamente da soggetti che non rientrano nell’assegno di inclusione non dovrebbero presentare la domanda perché il diritto alla prestazione non esiste.

Se invece in famiglia c’è un soggetto tra quelli a cui la misura è destinata, la domanda può essere comunque presentata, solo che nel calcolo della prestazione i soggetti diversi da quelli considerati fragili non vengono considerati. Questo apre a un altro problema dell’assegno di inclusione e cioè gli scarsi importi del trattamento.

I conti non tornano tra assegno di inclusione e reddito di cittadinanza

In pratica, nel passaggio dal reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione, un nucleo familiare composto da 4 perso, se due di loro non sono invalidi e nemmeno sono stati presi in carico dai servizi sociali, e se hanno una età compresa tra i 18 e i 59 anni, non vengono considerati come beneficiari del bonus. E non sono considerati nemmeno nelle scale di equivalenza che riguardano per esempio il patrimonio mobiliare, cioè i soldi in banca o alle poste.

Per questo si ipotizza già che soprattutto sulle scale di equivalenza il governo possa intervenite, ammorbidendo la misura e aprendo quindi a maggiori importi o a maggiori beneficiari. Perché alcuni nuclei familiari vengono esclusi proprio perché si trovano con questa situazione particolare dal punto di vista patrimoniale. Al momento però, dal Ministero del Lavoro non ci sono informazioni di modifiche in corso se si esclude la promessa di concedere agli orfani di femminicidio la misura.

Le scale di equivalenza dell’Assegno di Inclusione

Per l’Assegno di inclusione fondamentale tanto per il diritto che per la misura del trattamento è la scala di equivalenza.

Il parametro della scala di equivalenza iniziale è sempre 1. E può salire fino a 2,3 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza.

Infatti si devono considerare i seguenti parametri aggiuntivi:

  • 0,5 per ciascun altro componente con disabilità o non autosufficiente;
  • 0,4 per ciascun altro componente con età pari o superiore a 60 anni;
  • 0,4 per un componente maggiorenne con carichi di cura;
  • 0,3 per ogni altro componente adulto inserito in programmi di cura e assistenza certificati dalla PA;
  • 0,15 per ciascun minorenne;
  • 0,1 per ogni ulteriore minorenne oltre il secondo.

Una coppia con due figli minorenni partendo da 1 come parametro iniziale, gode di una aggiunta di 0,15 per il primo figlio e di 0,15 per il secondo figlio portando la scala a 1,30 da moltiplicare. Una coppia con solo due adulti di cui uno con disabilità aggiunge 0,5 per il componente con disabilità portando il risultato a 1,5.

Esempi pratici che possono essere ripetuti all’infinito e da cui si evincono le differenze con il reddito di cittadinanza. Per esempio, una coppia con due figli minorenni partendo da 1 come parametro iniziale, godeva dell’aggiunta dello 0,4 per il coniuge e di 0,2 per ogni minorenne. Portando la scala a 1,80.