L’abolizione, o per i più cauti, la riduzione dell’Imu, è il cavallo di battaglia di tutti i candidati alle prossime elezioni. C’è chi promette di abolirla del tutto sulla base della sua presunta incostituzionalità e chi ne programma un ridimensionamento in base al reddito.

Eppure una relazione del Parlamento trasmessa dall’ Autorità per l’energia ci mette in allerta sulle conseguenze di detassazioni drastiche. In principio fu l’Ici: da dove furono presi i soldi per compensare l’abolizione dell’Ici sulla prima casa nel 2008?

L’Ici abolito è finito in bolletta

In base ai dati della relazione parlamentare trasmessa dall’ Autorità per l’energia, l’abolizione dell’Ici sulla prima casa voluta da Silvio Berlusconi nel 2008, fu compensata con la “Robin Tax“, ovvero con l’aumento delle imposte sulle società che producono, vendono e distribuiscono energia elettrica o gas e sulle società petrolifere.

La scelta del nome “Robin tax” ne riassume in maniera emblematica l’obiettivo dichiarato: togliere ai ricchi, ovvero i produttori petroliferi, per dare ai poveri, alias i contribuenti che possedevano solo la prima casa. Peccato che nella pratica i primi non hanno tardato a rifarsi sui secondi scaricando gli aumenti dei costi dell’energia in bolletta. Una traslazione di cui hanno fatto le spese gli utenti finali. La Robin Tax ha finito quindi per ridare ai ricchi.

Il garante avrebbe segnalato ben 199 casi di aumento dei margini delle imprese energetiche “conseguenti all’effetto prezzo” per una cifra totale di 1,6 miliardi di euro circa. Questa pratica traslativa che ha comportato aumento della bolletta della luce e del gas è in realtà vietata per legge ma trovare escamotage non è evidentemente molto difficile. Chi garantisce agli elettori che anche questa volta i soldi detratti dall’Imu non usciranno dall’altra tasca dello stesso pantalone?