Fincantieri, flop IPOE’ stato un insuccesso l’IPO di Fincantieri, che si è conclusa il 27 giugno. Inizialmente, l’offerta riguardava 704 milioni di azioni, di cui 600 milioni derivanti dall’aumento di capitale. Ma la freddezza con cui gli investitori istituzionali, ai quali era riservato l’80% dell’offerta, hanno accolto l’operazione ha indotto la società a ridurre a 450 milioni di azioni il quantitativo messo sul piatto. In sostanza, il socio Fintecna, che avrebbe dovuto offrire 104 milioni di azioni, non cederà più alcunché, riservandosi solo di esercitare l’opzione di overallotment, relativa a 50 milioni di azioni.

Il titolo Fincantieri sarà quotato a Piazza Affari a partire da giovedì 3 luglio e il suo prezzo è stato fissato al minimo della forchetta comunicata dalla stessa società prima dell’IPO, ossia a 78 centesimi l’uno. Di conseguenza, Fincantieri incasserà dall’operazione 351 milioni di euro, meno della metà di quanto inizialmente sperato, capitalizzando in tutto 1,32 miliardi. E cambierà anche la quota riservata agli investitori retail, ossia al risparmiatore indistinto, che sarà elevata dal precedente 20% al 40%, visto che questo canale ha mostrato tanto interesse per le azioni Fincantieri, generando richieste pari a 2-3 volte l’offerta loro inizialmente dedicata.

 

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Le ragioni dell’insuccesso

Il flop di Fincantieri pone un’attenta riflessione: sono stati commessi errori? E di che tipo? Analizzando il quadro complessivo, ci accorgiamo come l’IPO sia intervenuta contemporaneamente a quella di Fineco e mentre MPS varava il suo maxi-aumento di capitale da 5 miliardi di euro, così come Banca Carige il suo da 800 milioni. In pratica, al mercato sono stati chiesti troppi quattrini negli stessi giorni. Non solo: da qui alle prossime settimane sono previste altre IPO, tra cui quella di Poste Italiane, che potrebbe richiedere agli investitori qualcosa come 4 miliardi di euro.

A ciò si aggiunge l’errore di avere eccessivamente concentrato l’offerta sugli investitori istituzionali, escludendo grosso modo il piccolo risparmiatore, che al contrario è risultato il più interessato al titolo (nonostante sia stato comunicato il mancato stacco delle cedole per 3 anni), tanto che è stata raddoppiata la quota dedicata al canale retail.

Lo stesso ha fatto Fineco, seguendo uno schema per la quotazione tendenzialmente volta ad escludere che il capitale vada nelle mani dei piccoli azionisti, secondo un’allergia tradizionale che le grosse società e banche italiane hanno verso il piccolo risparmio.

 

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