John ElkannIl presidente di Fiat ed Exor, John Elkann, è intervenuto alla Bocconi di Milano, dove ha difeso con passione l’operato del gruppo da lui presieduto, ma più in generale di tutte le società a conduzione familiare. Negli ultimi dieci anni, ha spiegato, il valore dell’accomandita di famiglia è cresciuto del 300%, quando gli indici mondiali Borse Msci sono aumentati del 43% e quello italiano ha perso il 36%. E il capitalismo familiare ha riportato un ottimo +133%.

 

Fiat in Europa: come è cambiata la geografia dei fatturati

E grazie a un forte lavoro di ristrutturazione del business, successivo alla morte del nonno Giovanni Agnelli e del fratello Umberto, da cinque holding si è passati a una sola società di investimento, la Exor, mentre da un miliardo di debiti si è arrivati a 1,5 miliardi di liquidità netta e a 1,5 miliardi di profitti.

Senza contare la diversificazione geografica: dieci anni fa il 75% del fatturato era prodotto da Fiat in Europa. Oggi è solo il 28%, mentre il 54% arriva dal Nord America. Ma nel Vecchio Continente si sono creati altri 15 mila posti di lavoro. Nel frattempo, i ricavi sono passati da 27 a 84 miliardi di euro.

La ragione del successo di Fiat risiederebbe nella compattezza tra i 250 membri della numerosissima dinastia degli Agnelli, di cui 100 sono azionisti. Ma più in generale, spiega Elkann, le società familiari sono più prudenti, fanno investimenti più oculati, si indebitano con minore facilità e assicurano una gestione stabile e certa. Tutti elementi, che in un decennio così delicato, come quello appena trascorso, si sono trasformati in punti di forza. Nega, invece, che impresa familiare sia sinonimo di gestione locale, di piccole dimensioni e di manager scelti in famiglia e cita a tale propositi numerosi casi che smentirebbero il pregiudizio: Wal Mart, Samsung, Tata, Luxottica, Newc Corp, Arcelor-Mittal.

E torna al 2003, quando in una cena con il manager italo-canadese Sergio Marchionne offrì a quest’ultimo la carica di amministratore delegato del gruppo.

Un’idea vincente per Elkann, perché ha coniugato un azionariato forte con un management altrettanto forte.

 

Fusione Fiat Chrysler: il nodo sono i tempi

Accenno anche alla fusione con Chrysler, sebbene vi sia prudenza sui tempi, dipendenti dalla decisione del giudice di Delaware, chiamato a dirimere una controversia tra il Lingotto e i sindacati del fondo Veba sul valore della quota in mano a questi ultimi, da cui a sua volta dipende l’intera valutazione del restante 41,5% ancora non in mano a Fiat. “I tribunali hanno i loro tempi”, si è limitato ad affermare Elkann.