Di turisti a Cuba non se ne vedono ancora, a causa delle restrizioni contro il Covid-19. E questo scenario desolante non fa che aggravare una crisi economica pesante. Il PIL è crollato dell’11% nel 2020 e quest’anno arretrerebbe di un altro 5%. Per gli abitanti dell’isola, il calvario si allunga. Dall’1 gennaio scorso, hanno dovuto dire addio al CUC o peso convertibile. In circolazione è rimasto solo il CUP o peso cubano. Fino al 30 giugno prossimo, potranno scambiare i rimanenti CUC contro CUP a 1:24.

Una riforma monetaria dagli effetti immediati e profondi, dato che il CUC era ancorato al dollaro americano a un tasso artificiosamente alto di 1:1. Di fatto, significa che molti settori dell’economia legati allo stato stanno subendo da mesi una svalutazione di circa il 96%. Le file davanti ai negozi si stanno allungando. Non che fossero ignote prima. Anzi, sotto il regime castrista sono state generalmente la norma. Ma adesso occorre aspettare finanche 6 ore per fare la spesa, magari sotto il sole cocente o la pioggia battente. E a volte finisci per entrare e non trovare i prodotti per cui hai atteso invano.

Per i turisti a Cuba è tempo di contribuire al supplizio. Come? Nei giorni scorsi, la società cambiavalute di stato Cadeca ha annunciato che quando ripartiranno, in aeroporto non potranno più scambiare i pesos locali nelle loro valute pesanti ai tassi di cambio di 1:24 contro il dollaro. Fino a qualche giorno fa, era possibile farlo fino a cifre di 300 dollari. Questo significa solo una cosa: perdere la metà di quanto non si sia speso sull’isola. Vediamo perché.

Turisti a Cuba taglieggiati con il cambio

La banca centrale, come abbiamo scritto, ha fissato il cambio tra dollaro USA e CUP a 1:24. Tuttavia, la domanda di valuta estera è così alta, che sul mercato nero un dollaro vale mediamente intorno ai 48 pesos, il doppio del tasso ufficiale.

I turisti a Cuba hanno evidentemente due alternative: spendere tutto il denaro convertito in pesos al loro ingresso o accettare il cambio illegale, cioè rimetterci la metà di quanto è rimasto loro in tasca.

Facciamo un esempio: entro a Cuba con 1.000 dollari e li converto in 24.000 pesos. Per ipotesi, supponiamo di non spenderne nulla. Alla partenza, dovrò riconvertire i miei 24.000 pesos in dollari. E qui arriva la fregatura: lo stato non ti permetterà più di accedere al cambio forte ufficialmente fissato. A quel punto, visto che dei pesos fuori da Cuba non me ne farei nulla, mi rivolgo a un qualsiasi cambiavalute privato, che acquisterà i miei 24.000 pesos per soli 500 dollari (tasso 1:48). Ho perso la metà. Per evitare che ciò accada, dovrei almeno cercare di tornare in aeroporto con la quantità minima di pesos, meglio ancora se con niente. Dovrò fare attenzione a non convertire troppa valuta all’arrivo e di spenderne il più possibile sull’isola, piuttosto che essere “taglieggiato” dallo stato.

La situazione è drammatica. In queste settimane, la TV di stato manda in onda le immagini di presunti trafficanti di prodotti alimentari, tra cui salsa di pomodoro, birra e bevande analcooliche, accusati di sottrarli alla vendita per offrirli sul mercato nero a prezzi esorbitanti. La verità è che manca un po’ di tutto nei supermercati. La banca centrale ha scarse riserve valutarie per importare beni dall’estero e i turisti a Cuba sono fonte primaria di accesso alla valuta estera. A causa della pandemia, questo canale è temporaneamente fuori uso. Per questo, i prezzi esplodono e il governo cerca di contrastare il mercato nero sia con blitz veri e propri che con restrizioni formalmente anti-Covid.

Cuba senza più un Castro al potere

Ad esempio, ai cittadini viene rilasciata una tessera con cui fare la spesa solo nelle vicinanze della propria abitazione.

Ufficialmente, per limitare gli spostamenti e i contagi, nei fatti per impedire che i prodotti vengano smerciati sul mercato nero. Questione di tempo prima che il regime debba prendere atto dell’insostenibilità del cambio attuale e lo svaluti per portarlo a condizioni di mercato. Il ministro dell’Economia, Alejandro Gil, ha rassicurato che non accadrà, ma ha ammesso che quello del cambio “è un tema presente nella nostra economia”.

Il presidente Miguel Diaz-Canel ha assunto la guida anche del Partito Comunista ad aprile, succedendo a Raul Castro in occasione dell’ottavo congresso dello stesso. Per la prima volta dalla Revolucion del 1959, non c’è più un Castro a capo delle istituzioni e del partito. I cubani non si aspettano novità sconvolgenti da questo evento storico. Sperano solo di riuscire a metterci meno tempo per fare la spesa e magari di trovare l’essenziale per cucinare e pulire. Ma guardano più a Washington che a L’Avana per questo, confidando in una politica più benevola dell’amministrazione Biden rispetto a quella del predecessore.

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