Il Superbonus è forse tra le agevolazioni più discusse degli ultimi mesi. Con continui interventi, modifiche e azioni – sulla carta – volte a migliorare il meccanismo di sconto, si è creata tanta confusione attorno a questo credito riconosciuto dallo stato a contribuenti e imprese. Ma cosa è successo esattamente? Perché il Governo ha deciso di tornare indietro di tre anni? 

Superbonus e cessione del credito: i conti che non tornano

Uno dei motivi principali che ha spinto il Governo a fare un passo indietro con il Superbonus è natura puramente economica.

Tra tutti i bonus edilizi, questo sconto è quello che è costato di più allo Stato. Contro i 72 miliardi di euro previsti inizialmente, a oggi l’Erario deve far fronte a uscite superiori a 100 miliardi di euro. 110 miliardi per essere precisi.

Come si legge in una nota pubblicata da Palazzo Chigi, infatti, la cessione del credito legata al riconoscimento del Superbonus ha avuto “potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico”. Da qui l’intenzione dell’Esecutivo di Meloni di cambiare rotta, modificarlo e, se necessario, smantellarlo.

Il problema è che non è chiaro ancora come verrà attutito il colpo di chi, a fronte delle regole in vigore, ha già i lavori in corso o li sta terminando.

Il problema delle truffe: a quanto ammontano le perdite del Superbonus

Tra le voci di spesa legate al Superbonus figurano, purtroppo, anche diverse truffe. La cessione del credito, infatti, è stata spesso sfruttata anche da imprese e privati poco corretti, che hanno approfittato del sistema dello sconto in fattura, ai danni di Stato e contribuenti onesti.

Come dichiarato dall’ex Ministro dell’Economia, Daniele Franco, in un primo momento si sono registrati rincari sui prezzi di materiali e servizi, volti appunto a sovrastimare i costi (e a far guadagnare di più i c.d. furbetti del Superbonus). Poi ci sono state tantissime frodi ai danni delle casse erariali: “Si stima che siano state intorno ai 6 miliardi di euro – aveva affermato il ministro -.

Il meccanismo dei crediti si è inoltre bloccato, con alcune persone che se lo sono visto negare dallo Stato anche non avendo responsabilità, essendo magari i decimi che lo hanno richiesto, mettendo così a rischio migliaia di imprese. Tanti cantieri restano in attesa di iniziare o sono rimasti a metà”.

Come cambia il Superbonus

Quindi, quali sono le intenzioni del Governo ora? In data 16 febbraio 2023 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato un apposito decreto legge riguardante proprio “misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali”.

Cosa cambia? Il testo interviene, in particolare, per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi a spese per gli interventi in materia di:

  • recupero patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • superbonus 110%;
  • misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.

Dall’entrata in vigore del decreto non sarà quindi più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura”. Con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, lo stesso varrà per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese. Resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.

Con l’intenzione di far chiarezza, tuttavia, tra gli operatori di settore oggi c’è ancora maggiore confusione. Cambiano ancora le regole, mentre molti interventi sono in corso d’opera. Cosa deve fare o farà chi, sapendo di poter contare su un ritorno economico dell’investimento, non potrà invece più contare sul Superbonus?

Attualmente, al vaglio dell’Esecutivo, ci sarebbero diverse alternativa.

Non è chiaro ancora, però, come avverrà il passaggio da un regime all’altro.