Il lavoro da remoto, vale a dire lo smart working, non è sempre un vantaggio per i giovani. Lo sostiene Enrico Rovere, managing director alla Duff & Phelps presso la divisione Valuation Advisory. Il Corriere della Sera ha ripreso le sue dichiarazioni in un approfondimento a cura di Giuliana Ferraino, basato sui risultati dell’indagine compiuta da Duff & Phelps (facente parte della società Kroll, leader a livello internazionale nella fornitura di servizi digitali per la governance).

Quando il lavoro in presenza è migliore dello smart working

Enrico Rovere ha sottolineato che nella formazione dei giovani il lavoro in presenza è una soluzione migliore rispetto allo smart working.

Secondo il managing director della divisione Valuation Advisory presso la Duff & Phelps, lavorare in presenza aiuta i giovani a crescere più in fretta, ad apprendere le soft skills richieste per trattare con i clienti. Inoltre, anche una riunione in presenza è migliore di una videoconferenza, dal momento che il livello di attenzione è più alto.

Lo stesso Rovere però, nell’intervista rilasciata al Corriere, non nega che lo smart working sia oggi uno strumento in più a disposizione delle aziende. A tal proposito il processo di digitalizzazione aiuterà il Paese a diventare più flessibile e tecnologico.

Indagine Duff & Phelps sullo smart working: la ripresa economica potrebbe arrivare prima del previsto

L’indagine della società Duff & Phelps si basa su un campione di più di 100 manager che lavorano per le aziende del nostro Paese impegnate nel manifatturiero, distribuzione alimentare, tlc, lct, utilities e servizi finanziari. Secondo il 41,7% delle aziende, nei prossimi 6-12 mesi si registrerà un aumento del fatturato, tale da collocare la ripresa economica già nel 2022 (40%) o fin da quest’anno (39,1%).

In più, la crisi dovuta al Covid ha aiutato a promuovere un’evoluzione delle modalità di lavoro grazie all’introduzione dello smart working (41,7%).

Per il 25,2% degli intervistati, invece, c’è stata un’enorme spinta verso la digitalizzazione dei processi. Infine, il 13% dichiara che la pandemia ha contribuito a sviluppare nuovi modelli di business.

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