La donne vanno in pensione prima o dopo gli uomini? La risposta appare semplice visto che storicamente le donne hanno sempre avuto la possibilità di laciare il lavoro prima dei colleghi maschi. Per legge, s’intende. Ma di fatto negli ultimi anni sta avvenendo l’esatto contrario. Come mai?

Stando agli ultimi dati elaborati dall’Inps, nel 2022 l’età di pensionamento delle donne è stata più elevata di quella degli uomini. Cambiamento che non è avvenuto di colpo, ma si è avverito negli ultimi anni.

Soprattutto dopo la riforma Fornero. Nel 2012, ad esempio, la situazione era l’opposto: gli uomini andavano in pensione a un’età più elevata rispetto alle donne. Quindi siamo arrivati oggi a un ribaltamento dei fatti, nonostante i requisiti anagrafici e contributivi favoriscano ancora le donne per l’accesso alla pensione.

Donne in pensione dopo gli uomini

A questo riguardo ricordiamo che storicamente i requisiti per il pensionamento di vecchiaia delle donne sono sempre stati inferiori a quelli degli uomini. Prima della riforma Fornero, nel 2011, gli uomini andavano in pensione con almeno 65 anni di età e le donne con 61. Con la riforma Fornero, entrata in vigore nel 2012, l’età di pensionamento di vecchiaia di uomini e donne è stata progressivamente assimilata e oggi è uguale per entrambi i sessi.

In realtà, già dal 2012 contemporaneamente è stata introdotta la pensione anticipata con solo un anno di differenza tra uomini e donne. Ad oggi in pensione anticipata gli uomini vanno con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi e le donne con 41 anni e 10 mesi di contributi. Tutto ciò cosa ha comportato? Ha comportato che, siccome le donne hanno carriere differenti e discontinue, spesso hanno difficoltà a raggiungere i propri limiti di 41 anni di 10 mesi e quindi ad andare in pensione prima. Di conseguenza sono costrette a proseguire il lavoro fino al raggiungimento del requisito della pensione di vecchiaia.

O quantomeno i contributi necessari per quella anticipata.

Carriere lavorative diverse per uomini e donne

Gli uomini invece spesso con carriere discontinue e magari iniziate in anni relativamente precoci possono raggiungere più facilmente la pensione anticipata e quindi ritirarsi prima dal lavoro. Il risultato, quindi, è questo superamento che c’è stato. Mediamente, in passato, le donne andavano in pensione prima degli uomini adesso la situazione si è ribaltata, già dal 2020, quindi c’è stato questo sorpasso delle donne.

Un sorpasso che è stato influenzato anche dall’introduzione delle quote. Ricordiamo Quota 100, 102, 103, che sono appunto pensioni anticipate basate, oltre che su una indennità anagrafica, anche su un elevato numero di contributi che le donne faticano a raggiungere.

Dunque riassumendo il risultato al sistema previdenziale attuale comporta che le donne tendenzialmente vanno in pensione a un’unità più elevate incassano un assegno mediamente più basso degli uomini.

Opzione Donna

In questo contesto ha svolto un ruolo decisamente importante per mitigare la differenza Opzione Donna. La misura di pensionamento anticipato riservato alle lavoratrici prevede il possesso di “soli” 35 anni di contributi per laciare il lavoro. Oltre che 60 anni di età. Opzione che dal 2023 è diventata accessibile a pochissime lavoratrici rispetto al 2022.

La legge di bilancio ha previsto, infatti, l’introduzione di importanti restrizioni soggettive. Per poter fruire di Opzione Donna bisogna infatti essere caregiver, invalide, licenziate o dipendenti di aziende in crisi. Cosa che ha comprtato da quest’anno un vero e proprio crollo delle domande di pensione anticipata.

In conclusione, con questa riforma il divario fra età di pensionamento fra uomini e donne tenderà ad ampliarsi col passare del tempo. La maggior parte delle lavoratrici non avranno più la possibilità di sfruttare questa opzione per lasciare il lavoro prima.