La prima piattaforma exchange in Italia di “criptovalute” si chiama Crypto Smart (cryptosmart.it) e ha sede fiscale nel nostro Paese, un fatto che i trader sanno bene essere importante in sede di dichiarazione dei redditi. Da cosa nasce l’idea di creare una “borsa” per l’acquisto di Bitcoin, Ethereum e altri principali token digitali? I fondatori non hanno dubbi: le monete fiat stanno perdendo progressivamente e rapidamente valore.

Crypto Smart per investire contro l’inflazione

In questi mesi, si parla con insistenza del problema inflazione.

Era da circa un decennio che la s’invocava come il Sacro Graal e non appena ha fatto la sua comparsa sono arrivate le preoccupazioni sul modo di contenerla. Cos’è accaduto? Durante la pandemia, centinaia di milioni di persone nel mondo sono dovute rimanere a causa su ordine dei governi per frenare i contagi. Molte attività hanno dovuto temporaneamente chiudere, i consumi sono crollati per ridursi allo stretto necessario e i risparmi sono esplosi.

Nel frattempo, le banche centrali hanno iniettato liquidità a ritmi senza precedenti. Decine di migliaia di miliardi di dollari nel mondo in brevissimo tempo per tenere i tassi azzerati e consentire ai governi di indebitarsi a sostegno delle rispettive economie. E così, questi hanno a loro volta pompato liquidità attraverso giganteschi stimoli fiscali, in forma perlopiù di sussidi alle categorie colpite dal Covid. Risultato? Le famiglie si sono ritrovate in possesso di dollari, euro, sterline, yen, etc., a fronte di una produzione in molti casi collassata.

Man mano che le restrizioni sono state allentate, i consumi sono ripartiti, mentre l’offerta non ha seguito il passo, anche perché si sono creati, intanto, colli di bottiglia per via dell’interruzione delle (lunghe) catene di produzione e della carenza di alcuni input come i chip. L’eccesso di domanda si è tradotto in una spinta ai prezzi, in molti casi esplosi ai massimi storici.

Parliamo di materie prime come il rame, l’alluminio, il legname, il petrolio, il silicio metallico, il gas naturale, etc.

Anche i big della finanza scommettono su Bitcoin

Avete fatto caso che proprio durante la pandemia Bitcoin sia schizzato ai suoi nuovi record, toccando i 65.000 dollari nell’aprile scorso, circa 8 volte il suo valore di un anno prima? Vi sembra casuale? Crypto Smart non la pensa così. Il fatto sarebbe questo: il mercato si è messo in cerca di nuovi asset su cui puntare per proteggersi dalla perdita del potere di acquisto. Attenzione, perché questa sarebbe più marcata di quanto non vadano dicendo i dati ufficiali dei vari istituti nazionali di statistica. Del resto, già prima del Covid la stampa delle principali monete stava crescendo di anno in anno a tassi anche a doppia cifra.

I possessori di Bitcoin tendono ad aumentare al ritmo di 3 milioni alla settimana. Sono già 120 milioni nel mondo. E a differenza del recente passato, hanno fatto ingresso su questo mercato da ormai 1.000 miliardi di dollari anche istituzionali come banche e fondi d’investimento. Parliamo di nomi del tenore di Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Fidelity, BlackRock, il fondo di George Soros, etc. Tra i singoli guru della finanza, troviamo personaggi come Ray Dalio, Paul Tudor Johns, Druckenmiller, ma anche grossi capitalisti come Elon Musk, Jack Dorsey e Michael Saylor.

Crypto Smart guarda al futuro

Perché è importante citare questi nomi? Il solo fatto che i big della finanza mondiale stiano iniziando a impiegare parte della loro liquidità in asset come Bitcoin svela che: 1) anch’essi nutrono seri dubbi sulla tenuta degli asset tradizionali, i cui prezzi sono ormai ingigantiti da una bolla pericolosissima e difficile da fermare. Si veda, in particolare, il mercato dei bond; 2) confidano nelle prospettive per i token digitali e 3) difficilmente le autorità statali, comprese le banche centrali, vorranno in futuro colpire un business ormai entrato nelle sale d’investimento che contano.

In conclusione, Crypto Smart nasce dalla consapevolezza che gli asset tradizionali non sarebbero più in grado di proteggere i capitali investiti. La stessa strategia di portafoglio 60/40 si mostra ormai logora e controproducente, data l’alta correlazione negli ultimi anni tra azioni e obbligazioni. Viceversa, Bitcoin è un asset non correlato agli altri, per cui riuscirebbe meglio a proteggere il capitale durante le fasi negative sui mercati finanziari. E la tendenza crescente delle sue quotazioni nel tempo rendono la “criptovaluta” piuttosto idonea come riserva di valore, sebbene ad oggi sia ancora poco diffusa come mezzo di pagamento, vuoi per impedimenti tecnici, vuoi anche per la volatilità delle quotazioni medesime.