Ferrero non ci sta a inseguire la campagna contro l’olio di palma e sta da tempo conducendo una controffensiva mediatica, tesa ad evidenziare quanto interessato e fuorviante sia il panico scatenato dalla stampa contro un prodotto, di cui si compone per il 20% la sua Nutella, la crema spalmabile italiana famosa in tutto il mondo e oggetto di strali da qualche tempo da parte del governo francese, il primo in Europa (un caso?) ad accendere i riflettori sulla nocività dell’olio di palma.

Ogni anno, Ferrero acquista 185.000 tonnellate di questo ingrediente essenziale per i suoi prodotti. Considerando che le quotazioni attuali dell’olio di palma viaggiano sugli 800 dollari a tonnellata, possiamo calcolare una spesa approssimativa di oltre 140 milioni di euro, tenuto conto del cambio con il dollaro. (Leggi anche: Nutella, prodotto italiano esempio di globalizzazione)

L’olio di palma vale il 20% del prodotto Nutella

E sempre in un anno, la società di Alba (Cuneo) produce e vende in tutto il mondo 250.000 tonnellate di Nutella, di cui, come dicevamo, il 20% si compone di olio di palma. A tale proposito, basta leggere la composizioni degli ingredienti su un qualsiasi barattolo di crema spalmabile.

Stando a questi dati, quindi, per la sola produzione di Nutella servirebbero circa 50.000 tonnellate di olio di palma, per una spesa complessiva di 38 milioni di euro. Ora, a conti fatti, su un barattolo di 200 grammi, 40 sarebbero di olio di palma, rappresentando un costo di appena poco più di 3 centesimi.

 

 

 

 

L’uso dell’olio di palma non sarebbe un problema di costo

Quanto costerebbe alla Ferrero optare per qualche alternativa all’ingrediente incriminato? Dipende chiaramente a quale prodotto si rivolgerebbe. Se anziché utilizzare l’olio di palma ricorresse a quello di colza, il costo salirebbe a 900 dollari per tonnellata, mentre l’uso di olio di semi di girasoli implicherebbe un costo di 1.000 dollari a tonnellata, ovvero rispettivamente del 12,5% e 25% in più rispetto al costo sostenuto attualmente.

In termini complessivi, farebbero 17,5-35 milioni di euro in più, incidendo sul fatturato per lo 0,2-0,4%. Parliamo di cifre del tutto sostenibili, quand’anche il maggiore costo non fosse scaricato sul consumatore. Se, invece, fosse proprio quest’ultimo a doversi addossare dell’onere, sapete quando dovrebbe spendere in più per un barattolo di 200 grammi? Qualcosa come 0,35-0,70 centesimi, al netto dell’IVA, ovvero una media di mezzo centesimo in più. Chiaramente, per un barattolo da 450 grammi, il maggiore costo si moltiplicherebbe in proporzione a 0,79-1,58 centesimi, mentre per un barattolo da 875 grammi, salirebbe di 1,50-3 centesimi.

Ora, se i numeri in gioco sono davvero questi, pensate che Ferrero si imbatterebbe in una campagna così impopolare, pur di non gravare il prezzo finale di un massimo di 3 centesimi? Stando ai prezzi medi sul mercato, si tratterebbe di alzarli dell’1,5-3%, non certo di rischiare di perdere quote di mercato. D’altronde, a differenza di quanto si pensi, il mercato dell’olio di palma è vivo e vegeto e nel 2016, anno di apice della campagna mediatica globale contro di esso, ha visto salire le quotazioni internazionali del 40%. Vale oggi 44 miliardi di dollari. (Leggi anche: Olio di palma in crisi? Eppure il mercato è in gran salute)