Marco Travaglio non poteva non commentare con la sua amara ironia lo scandalo Expo, ribattezzato la nuova tangentopoli. Lo ha fatto con un editoriale su Il Fatto Quotidiano di oggi, 15 maggio intitolato “Non è vero, ma ci credono”. La ricostruzione del giornalista è di tipo cronologico e punta a mettere in evidenza il reiterarsi delle persone coinvolte. Si parte dal 2002, quando il ministro del Welfare Bobo Maroni “accusò il collega dell’Interno Claudio Scajola di aver ignorato gli allarmi di Marco Biagi sulle minacce che riceveva e i suoi (di Maroni) solleciti per dargli la scorta”.

Il resto è storia nota: le nuove Br assassinarono il professore bolognese.     Ancora tre anni fa l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli ammise di aver chiesto spiegazioni nell’estate ’92 all’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino sulla decisione presa dai vertici del Ros di scendere a trattative con quelli di Cosa Nostra usando come il tramite il mafioso Vito Ciancimino. Mancino negò tutto e le cosa morì li. Oggi, ricorda Travaglio, da sempre impegnato contro lo scandalo della trattativa Stato-mafia, “Mancino è imputato di falsa testimonianza nel processo sulla trattativa e i giudici stabiliranno chi ha mentito”. Questa è la vecchia politica e ormai è appurato che “convive da sempre con le doppie verità”. Ma la nuova? Il vento di cambiamento annunciato da Renzi è arrivato? Travaglio cita alcuni eventi recenti, figli della nuova politica.

Scandalo Expo: Frigerio e Greganti e le bugie della nuova politica

L’altro giorno, interrogato dai pm di Milano, il forzista Gianstefano Frigerio ha messo a verbale di aver incontrato “più volte” Silvio B., “una sola volta” il governatore Maroni e “quattro volte negli ultimi 12 mesi” il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. Il quale, il giorno prima, intervistato da Repubblica, aveva giurato: “Frigerio non lo vedo e non lo sento da quattro anni”. Non solo: “I finanzieri che pedinavano Greganti lo vedevano entrare ogni mercoledì al Senato e lì lo lasciavano, un po’ per non farsi scoprire un po’ perché in Parlamento le guardie non possono entrare, i ladri invece sì”.

Il senatore Casson ha chiesto lumi sulla vicenda ma prima il presidente Grasso non ha potuto rispondere per un “provvidenziale” black out della rete dei computer. In seguito ha smentito qualsiasi traccia degli ingressi di Greganti a palazzo. “Era un fantasma? Si rendeva invisibile? Si travestiva? Usava un nome d’arte? Gli investigatori avevano le traveggole?”