Nuovo minimo storico per la lira turca, che oggi contro il dollaro perde un altro 1% abbondante e scende a un tasso di cambio sopra 8. Giù nel frattempo l’indice principale della Borsa di Istanbul, che cede più dell’1%. Male anche i titoli di stato, con il rendimento a 10 anni e quello a 2 anni entrambi al 14,32%, in risalita rispettivamente dal 12,95% e 13,49% di mercoledì scorso, giorno precedente il board della banca centrale. E questo “sell-off” generalizzato ai danni del mercati turco ha a che fare sia con l’istituto che con il presidente Recep Tayyip Erdogan.

Il primo ha tenuto i tassi invariati, nonostante il mercato scontasse un nuovo maxi-rialzo dopo quello di settembre per combattere l’inflazione. Da allora, il cambio ha ceduto il 3% e così anche la borsa.

E la politica ci sta mettendo del suo esplicitamente per aggravare la situazione. Non solo impedisce al governatore Murat Uysal di adottare una politica monetaria idonea a contrastare gli squilibri macroeconomici; Erdogan si è lanciato in una raffica di provocazioni contro gli USA e di insulti verbali all’indirizzo del presidente francese Emmanuel Macron.

Lira turca a -25% quest’anno, il disastro di Erdogan è geopolitico ed economico

Replicando alla minaccia di sanzioni per le sue posizioni di sostegno all’Azerbaijan contro l’Armenia e per i suoi rapporti militari con la Russia, Erdogan ha invitato Washington a passare ai fatti. Durante un suo discorso, ha inveito contro l’alleato americano, chiarendogli di non avere paura di un suo eventuale embargo, “perché non siamo uno stato tribale (riferimento a Iraq e Libia?), noi siamo la Turchia”. Peggio è andata a Macron, a cui ha consigliato di curarsi, perché avrebbe “perso la testa”. L’Eliseo è finito nel mirino di Ankara dopo alcune dichiarazioni dure del presidente francese contro l’estremismo islamico. Poche settimane fa un insegnante a Parigi è stato sgozzato per mano di un ragazzino vicino ad ambienti radicalizzati.

Lo strapotere di Erdogan ora impaurisce i mercati

Le tensioni geopolitiche con l’Occidente stanno mettendo in allarme i mercati finanziari. Stanno diventando troppi i fronti di scontro con USA ed Europa, dalla Siria alla Libia, passando per il conflitto tra armeni e azeri e le forniture russe di missili S-400. Allo stesso tempo, Erdogan ha preso il totale controllo della Turchia al suo interno, impedendo alla banca centrale di tenere i tassi a livelli sufficientemente alti per frenare la crescita dei prezzi a doppia cifra. L’economia patisce un elevato e cronico deficit commerciale e delle partite correnti, che a sua volta provoca l’indebolimento costante della lira. Nell’ultimo decennio, ha perso oltre l’80% contro il dollaro, contribuendo ad alimentare la spirale inflazionistica.

La Turchia è sull’orlo di una terza crisi finanziaria dall’inizio del millennio. La seconda fu nella primavera di due anni fa e costrinse la banca centrale ad alzare i tassi fino al 24% per frenare il collasso della lira e l’inflazione sempre più alta, esplosa a un massimo del 25%. Erdogan non ha imparato la lezione e, anziché tenere fuori il naso dalla politica monetaria, pretende di averne l’ultima parola. Dopo il mancato rialzo dei tassi di giovedì scorso, l’illusione dei mercati di un ravvedimento in corso d’opera di Ankara è quasi del tutto sfumato. Unitamente agli attacchi contro l’Occidente, questa presa d’atto costituisce il maggiore rischio per la tenuta finanziaria turca.

Così la Turchia spegne le speranze di recupero per i bond

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