Continuano gli attacchi da tutte le parti al sindaco di Roma Ignazio Marino: sfiduciato dalle opposizioni e perfino dal PD, e qualcuno direbbe anche da Papa Francesco, secondo fonti interne ai Dem, Marino avrebbe pensato alle dimissioni dopo l’ultimo scandalo – i pagamenti delle cene e altre spese “private” con i soldi del Comune – poi il ripensamento, la volontà di restare e resistere ancora: “Restituirò 20 mila euro ai cittadini: un regalo ai romani“. Quale regalo se quei soldi sono del Comune? Lo pensano in molti e qualcuno sussurra la malafede.

Renzi è stufo e sembra avergli dato tempo fino alla fine del Giubileo, ma non sono da escludere le elezioni anticipate. Di quegli “scontrini” ora ci penserà la Procura, mentre lo staff di Marino – o i pochi superstiti del suo staff – afferma di voler pensare alle cose più importanti. Come il Giubileo, ad esempio.  

In difesa di Ignazio Marino

L’affondo mediatico su Marino non conosce fine: un interessante articolo di Francesco Luna datato 29 settembre è uno dei pochi a difendere l’attuale sindaco della capitale attraverso un lungo ma approfondito ragionamento sulle motivazioni che spingono tutti ad attaccare il sindaco. “Marino è un soft target, uno che si può massacrare tranquillamente”, scrive Luna, ma il suo peggior danno è stato quello di essersi fatto molti nemici. L’ex sindaco Gianni Alemanno, ad esempio, “quello che gli lasciò in eredità una città sull’orlo del collasso”, ma le cui ultime esternazioni contro Marino perdono di valore dopo la scoperta di come si sia fatto pagare da una fondazione un tempo finanziata dalle Coop di Salvatore Buzzi dall’estate 2013 al marzo 2014, vale a dire quando non era più sindaco, per le “tante spese da pagare per la campagna elettorale”.   Tra i nemici di Marino ci sono ovviamente i mafiosi, la criminalità organizzata della capitale, i cui affari, scrive Luna, non sembrano più andare bene come una volta.

E anche la scorta assegnata a Marino – lui che amava viaggiare in bicicletta – va letta in questo senso. A loro si aggiungono le famiglie che gestiscono i camion bar presenti al centro di Roma, che Marino ha fatto sgomberare, dalle altre “associazioni” che gestivano l’abusivismo edilizio di Ostia o la discarica di Malagrotta. Malaffare, insomma. Stupiscono le acrimonie del PD, ma non più di tanto se si pensa che al tavolo romano non ci mangia più nessuno e le poltrone che dovevano essere assegnate per chissà quale diritto di nascita hanno subito un ridimensionamento. Infine il Vaticano, a cui non vanno molto a genio alcune scelte ideologiche di Marino, come la sua battaglia a favore della procreazione medicalmente assistita eterologa e le nozze tra omosessuali.   L’approfondimento ben elaborato di Francesco Luna è una delle poche – pochissime – lance spezzate in favore del sindaco Marino, e viene da chiedersi il perché di questo sciacallaggio mediatico improvviso e soprattutto del perché le lenti d’ingrandimento degli attuali oppositori di Marino non sono state sfoderate nelle precedenti legislature. Forse perché gli altri avevano appoggi e Marino no? Forse perché i media sono partiti all’attacco godendo di una libera anarchia che non tiene conto di domande scorrette da parte dei giornalisti – come quella fatta al Papa – manipolando così gran parte dell’opinione pubblica?  

Gli autogol di Ignazio Marino

No, Ignazio Marino non è un santo e ha sbagliato in molte cose – e sicuramente continuerà a sbagliare – e Roma ha i problemi che tutti conosciamo e che oggi i non romani sembrano conoscere meglio dei romani. Fatto sta che il rimprovero di Papa Francesco ha fatto più rumore della lettera che Marino ha mostrato alla procura in cui si testimoniava l’invito da parte dell’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput, e non dal Papa, anche perché lui non aveva mai detto di essere stato invitato dal Papa.

Pesa adesso la questione degli scontrini: i soldi pubblici utilizzati a scopo personale. Qualche scivolone c’è stato, indubbiamente, e probabilmente anche qualche cosa gestita male, altrimenti non avrebbe mai detto che avrebbe “regalato” – e non restituito – 20 mila euro alla città di Roma. Perché per Marino quello non è stato un prestito, ma un diritto: soldi spesi per il bene della città. Per un convegno che, a quanto riporta il ristoratore della Taverna degli Amici, non c’è mai stato visto che era con la moglie. La parola di un oste contro la parola di un sindaco: non ci sono altri testimoni. Ecco cos’ha scritto Marino sulla sua pagina Facebook:  

Regalo a Roma i 20 mila euro spesi con la carta di credito intestata al sindaco per rappresentanza. Sono spese fatte tutte nell’interesse di Roma, compresi quei 3.540 euro investiti nella cena con il mecenate Usmanov, arrivata alla fine di una serie di incontri che hanno portato nelle casse del Campidoglio 2 milioni di euro. Con questo gesto voglio mettere un punto alle polemiche inutili e surreali degli ultimi giorni, che non fanno bene a Roma. Ora andiamo avanti per il bene della città, pensando alle cose concrete, che davvero cambiano e migliorano la vita delle romane e dei romani.  

Dal “connetta i suoi neuroni” alla signora che lo contestava, al “badante” dato al prefetto Franco Gabrielli, anche questi 20 mila euro spesi per il bene di Roma – se sono stati spesi per Roma perché restituirli? – rischiano di diventare un autogol necessario, come quando si è troppo marcati da ogni parte e l’unica via di fuga è fare un passo indietro senza accorgersi che alle proprie spalle c’è solo la propria porta. Dopo l’ennesimo scandalo, quindi, Marino avrebbe pensato di dimettersi, ma poi quel messaggio, un gesto che rimarca ancora una volta la sua volontà di restare sindaco di Roma, nonostante abbia tutti contro.

I romani, intanto, sono divisi a metà, con una leggera maggioranza che vorrebbe le sue dimissioni. Per ora non ci resta che aspettare la nuova puntata di questo romanzo romano.