Il coronavirus sta causando gravi problemi anche alle grandi catene come H&M, Ikea, Coin, Rinascente, Zara etc. A lanciare l’allarme è stata Federdistribuzione, che ha parlato di momento difficile sul fronte liquidità anche considerando l’occupazione. La richiesta, insomma, è di inserire anche i grandi magazzini commerciali non alimentari in stato di crisi. 

Che cosa è successo alla catene come H&M, Ikea, Coin, Rinascente, Zara?

Il presidente Claudio Gradara ha sottolineato che la maggior parte dei gruppi hanno “speso centinaia di milioni per comprare collezioni di abbigliamento primaverile che non sanno se riusciranno mai a vendere“.

A rischio quindi ci sarebbero 100mila dipendenti diretti e indiretti per cui, almeno per un buon numero, la cassa integrazione appare come una prima soluzione per andare avanti. Nel dettaglio, nella lettera inviata a Conte, si chiede l’inserimento di queste realtà tra quelle in crisi per accedere alla sospensione degli obblighi tributari e contributivi. 

Calzedonia ora produce mascherine

E se le catene di abbigliamento e arredamento come H&M, Ikea, Coin, Rinascente, Zara hanno chiesto lo stato di crisi, alcune grandi realtà come il Gruppo Calzedonia, considerando anche la recente decisione di chiudere temporaneamente i punti vendita, ha deciso di convertire la produzione di alcuni stabilimenti per produrre mascherine e quindi dispositivi di sicurezza per i dipendenti. Il gruppo ha deciso per adesso di riconvertire gli impianti di Avio e Gissi che stanno fabbricando 10mila mascherine al giorno. 

In una nota del gruppo si legge che si tratta di “Un’operazione fortemente voluta dal Presidente Sandro Veronesi che fin dall’inizio ha dimostrato la sensibilità del Gruppo nei confronti dei propri dipendenti, clienti e dell’emergenza sanitaria in corso, chiudendo dapprima tutti i punti vendita delle zone cosiddette rosse e successivamente quelli di tutta Italia, anticipando i relativi decreti del Governo”.

Stessa mossa di Fca che da ha deciso di avviare le attività per convertire uno dei suoi stabilimenti nella produzione di mascherine fino a produrne un milione al mese. In tal senso molte grandi aziende si stanno reinventando, almeno fino a quando questa emergenza non finirà. 

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