La riforma delle pensioni dipende, come sempre, dalle disponibilità economiche a bilancio. Soldi che scarseggiano sempre più, soprattutto dopo che per tre anni è stata attuata Quota 100 mandando i lavoratori a 62 anni di età, al di sotto della media Ue e Ocse. Ma anche da quando ultimamente l’inflazione si è rimessa a correre. E’ questo il problema principale che oggi preoccupa maggiormente il governo Meloni.

Lo scorso anno, fra rivalutazioni e abbondanti incrementi delle pensioni minime, sono stati stanziati circa 13 miliardi di euro con un’inflazione ufficiale al 8,1%.

Quest’anno, con l’inflazione che supererà di sicuro il 6%, serviranno altri 10-11 miliardi di euro per le stesse operazioni di perequazione a difesa del potere di acquisto dei pensionati.

Pensioni 2024 da adeguare nuovamente all’inflazione

Un obbligo, quindi, per il Parlamento che già lo scorso anno aveva ridimensionato l’adeguamento dei trattamenti per coloro che percepiscono pensioni medio-alte. In sostanza, la rivalutazione piena delle rendite è stata applicata per il biennio 2023-2024 solo per coloro che percepiscono fino a 2.100 euro lordi la mese. Oltre tale soglia sono scattati i tagli in base a uno schema costituito da sei fasce di reddito pensione:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Tale schema dovrebbe essere mantenuto anche per il 2024, ma non è detto che sia sufficiente e contenere l’aumento della spesa pubblica. Le pensioni minime subiranno, oltretutto, un incremento aggiuntivo del 2,7% passando per la prima volta i 600 euro al mese per over 75. Solo la perequazione automatica, quindi, assorbirà un terzo della manovra finanziaria 2024

Altri tagli in arrivo alle rendite

E’ del tutto evidente che le prospettive di spesa per la previdenza in Italia sono tutt’altro che rassicuranti.

Si pagheranno sempre più le pensioni esistenti, ma al contempo aumenta anche il saldo del numero delle rendite. Fra nuove pensioni e rendite eliminate, l’ago della bilancia pende in senso sfavorevole per lo Stato. Oltretutto sta per abbattersi sul sistema un’ondata anomala di pensionati conseguente al baby booming degli anni 60 e 70.

Non è quindi escluso che lo schema a sei fasce di cui sopra possa subire un nuovo ridimensionamento. Già lo scorso anno, durante la discussione della manovra di bilancio, il governo aveva insistito per tenere più bassa la percentuale della seconda fascia. Per evitare scontri aperti coi sindacati, poi, si decise di lasciare le cose come stanno. E’ probabile, però, che se ne torni a discutere in autunno.

Oltre a ciò, appare abbastanza chiaro che la via delle pensioni anticipate sarà sempre più stretta. Benchè si discuta ancora di riforme per evitare la Fornero, non ci sono margini per consentire ai lavoratori di abbandonare il lavoro prima dei 67 anni. Probabile, quindi, che Quota 103 sarà prorogata di altri 12 mesi, ma niente di più. Quota 41 (uscita con 41 anni di contributi) per tutti indipendentemente dall’età anagrafica, invece, resta per ora un sogno nel cassetto della Lega e dei sindacati.

Le proteste dei lavoratori

Sullo sfondo, nel mentre, sono scattate anche le proteste dei pensionati per i tagli applicati lo scorso anno. Sono già centinaia le lettere di diffida inviate all’Inps per contestare quanto fatto dal Parlamento lo sorso anno, preludio a un ricorso alla Corte Costituzionale. Ulteriori tagli rischiano, quindi, di acuire un problema già esistente e che coinvolgerebbe un maggiore numero di pensionati disposti, a questo punto, anche a scendere in piazza.

Già adesso, secondo il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. lo Stato rischia di dover risarcire in un futuro lontano cause per svariati miliardi di euro.