L’emergenza coronavirus ormai riguarda tutto il mondo e in molte metropoli la fuga della popolazione è diventata realtà. Dopo le immagini di Milano svuotata e l’assalto alle stazioni, anche Parigi ha subito lo stesso destino con migliaia di persone in fuga. Persino a New York molti abitanti stanno decidendo di lasciare la grande città per trasferirsi nelle case di campagna o in zone meno affollate. 

Beat the bear, il rifugio per scappare dal coronavirus

La scelta di abbandonare le metropoli per trovare rifugio in zone poco abitate potrebbe favorire alcune iniziative come quella di Peter Dawe, un survivalista che ha creato una sorta di rifugio nelle campagne inglesi e di cui ha parlato di recente il Corriere.

Peter Dawe è un imprenditore inglese che ha costruito una specie di bunker nella campagna del Norfolk, Beat the bear. Si tratta di una grande fattoria di 600 ettari con pannelli solari, granaio, orto, animali e varie abitazioni in grado di ospitare fino a mille persone. L’uomo, ha deciso di accogliere, ovviamente a pagamento, tutte quelle persone che hanno paura del coronavirus e vogliono scappare dalle città per paura del contagio. Dawe ha spiegato che c’è posto per mille persone. L’imprenditore ha già “prenotato” alcuni posti per amici e parenti ma i restanti sono a disposizione di chi vuole scappare dalle città. L’acquisto risale a una ventina di anni fa, quando il survivalista ha deciso di investire in questa fattoria autonoma e ristrutturarla nel tempo. «Può sostenere la sua comunità senza appoggiarsi a nessuno» ha detto Peter Dawe, che sta anche provvedendo alla costruzione di altre casette per ospitare più persone possibile, ovviamente a pagamento. 

Un rifugio da 150 milioni di sterline

In questo momento l’obiettivo del villaggio ecologico è dare rifugio a chi vuole scappare dalle grandi città ma nella realtà dei fatti la scelta del 65enne, che aveva investito 150 milioni di sterline, era proteggersi da catastrofi come cambiamenti climatici, allagamenti, mancanza di strutture e di energia, carenza di cibo.

Insomma, un villaggio a prova di fine del mondo.

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