
La pandemia di coronavirus ha colpito anche il mondo del lavoro e i lavoratori tanto che gli esperti hanno dato un nome all’aumento di stress, chiamato “pandemic wall”. Si parla anche di “burnout pandemico” , una sorta di esaurimento nervoso legato all’isolamento, l’iper connessione da lavoro e la mancanza di scambi sociali.
Che cos’è il burnout da lavoro
Da più di un anno il mondo del lavoro è letteralmente cambiato. Oltre allo smart working, infatti, i lavoratori hanno passato più di un anno chiusi a casa, con pochi contatti e non di rado iperconnessi. Non per tutti lavorare da casa ha rappresentato un bene. C’è, infatti, chi ha vissuto il lavoro da remoto in maniera più drammatica, magari perchè costretto a lavorare nell’ambiente domestico e nello stesso tempo doversi occupare della casa e dei figli.
Un disagio di cui ha parlato anche L’Organizzazione Mondiale della Sanità, parlando proprio di burnout, una sindrome che deriva dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito come dovrebbe.
In pratica si da la responsabilità a chi organizza il lavoro, a quelle figure che devono gestire il fattore umano e magari non lo fanno come dovrebbero. Nella pratica, alcuni studi hanno sottolineato come le persone si stressano maggiormente quando devono affrontare conflitti sul lavoro.I fattori chiave dello stress da lavoro e smart working
Come scrive Il Corriere, che riporta uno studio di Christina Maslach, psicologa della Berkley ed esperta di burnout, ci sono alcuni fattori che possono portare all’esaurimento:
«Se il burnout pervade un’organizzazione, significa che c’è un ambiente tossico. Non è un posto davvero sano dove stare».
Prima di tutto il sovraccarico di lavoro causato dallo smart working.
Allo stesso modo la mancanza di riconoscimento dell’impegno è un fattore da considerare così come la collaborazione tra colleghi. Lavorare in un contesto non sereno, il cosiddetto “covo di vipere” non giova affatto alla salute mentale. A contare è anche il modo di gestire il lavoro e l’equità. Se il capo fa dei favoritismi, il team sarà molto più stressato e frustrato. Secondo la ricercatrice, in sintesi, i datori di lavoro dovrebbero prevenire lo stress e dare più flessibilità e autonomia ai dipendenti adottando il cosiddetto modello “domanda, controllo e supporto”.
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