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Oggi: 05 Dic, 2025

Donne e pensioni, penalizzate o hanno dei vantaggi? Ecco l’analisi e i diversi punti di vista

Lavoro e pensione: quando si parla di donne hanno più svantaggi o vantaggi? Ecco una analisi partendo dall'ultimo rapporto dell'INPS.
3 mesi fa
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pensione donne
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Una delle categorie su cui si concentrano le maggiori controversie quando si parla di pensioni è quella delle donne lavoratrici. Una categoria che, in molti casi, viene considerata penalizzata sia dal sistema pensionistico sia, più in generale, dal mondo del lavoro. Allo stesso tempo, però, parliamo di contribuenti per le quali esistono anche alcuni vantaggi previdenziali.

Che questi vantaggi siano sufficienti a colmare gli svantaggi è una questione di prospettiva. Ecco quindi un’analisi basata sui dati dell’ultimo Rapporto annuale INPS sulla previdenza sociale, reso noto il 16 luglio scorso.

Donne e pensioni, penalizzate o hanno dei vantaggi? Ecco l’analisi e i diversi punti di vista

Come anticipato in premessa, l’ultimo rapporto annuale sulla previdenza dell’INPS ha messo in luce anche le differenze di genere sul piano lavorativo e pensionistico.

Dai dati emerge che sono le donne a correre maggiori rischi di povertà in età pensionistica.

Le lavoratrici, infatti, sono spesso costrette a sacrificare carriere e opportunità professionali per dedicarsi alla cura dei figli, della famiglia e della casa. Questo significa rinunciare a una carriera completa e, di conseguenza, a una pensione dignitosa.

Le disuguaglianze tra uomini e donne iniziano già dalle possibilità di accesso al lavoro. Storicamente, le donne vengono percepite dai datori di lavoro come meno “affidabili” a causa di gravidanze e responsabilità familiari, e ciò rende più difficile trovare impieghi stabili e duraturi. Oggi, con sistemi pensionistici che richiedono lunghi periodi contributivi, queste difficoltà pesano ancora di più.

Pensioni donne, nell’analisi del Rapporto INPS i problemi che emergono sono molti

L’analisi dell’INPS fornisce dati inequivocabili.

Nel 2023 risultavano occupati il 70,4% degli uomini, contro appena il 52,5% delle donne.

Secondo i dati del Ministero del Lavoro, tra le nuove assunzioni solo il 42% riguarda le donne e, di queste, appena il 18% ottiene un contratto a tempo indeterminato. Quindi poche assunzioni e, per di più, spesso precari.

Questa precarietà si riflette direttamente sulle pensioni: meno anni di contributi, importi ridotti a causa del part-time e della discontinuità lavorativa. Tutto ciò conferma che le donne sono ancora svantaggiate sia nella carriera lavorativa sia al momento della pensione, con il rischio concreto di ritrovarsi con pensioni di importo insufficiente, spesso definite “pensioni da fame”.

Vantaggi e svantaggi, ecco dove pende la bilancia quando si parla di pensioni e di donne

Perché allora alcuni considerano le donne privilegiate dal punto di vista pensionistico? In realtà, parlare di “privilegi” appare eccessivo. È vero che esistono misure specifiche di pensionamento anticipato dedicate esclusivamente alle lavoratrici, ma si tratta di correttivi parziali rispetto agli svantaggi strutturali.

Un esempio emblematico è Opzione Donna, che permette di andare in pensione già a 59 anni, a fronte però di 35 anni di contributi. Un requisito difficile da raggiungere per molte lavoratrici, soprattutto nel settore privato. Inoltre, la misura prevede un ricalcolo contributivo che riduce notevolmente l’assegno, spesso di oltre il 30%. In questo caso, parlare di “danno con beffa” non è affatto esagerato.

Ecco cosa possono sfruttare le lavoratrici quando devono andare in pensione

Nonostante le criticità, esistono alcuni vantaggi previdenziali riservati alle donne.

Uno dei principali è rappresentato dagli sconti sull’età pensionabile legati ai figli. Con la pensione di vecchiaia ordinaria o la pensione anticipata contributiva (per chi ha il primo accredito successivo al 31 dicembre 1995), è possibile ottenere fino a 16 mesi di anticipo.

In pratica, l’età di pensionamento passa da 64 a 62,8 anni per la pensione anticipata e da 67 a 65,8 anni per la vecchiaia. Lo sconto è di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 16 mesi, quindi valido per chi ha avuto 4 o più figli.

Altro vantaggio: la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. Una donna con 20 anni di contributi e una riduzione della capacità lavorativa pari all’80% può andare in pensione già a 56 anni, mentre un uomo deve attendere i 61 anni.

Infine, per le pensioni di vecchiaia o anticipate contributive, i figli migliorano il calcolo dell’assegno:

  • con 1 o 2 figli, il coefficiente applicato a 67 anni corrisponde a quello dei 68 anni;
  • con più figli, si applica quello dei 69 anni.

Da non trascurare, inoltre, la soglia minima per le pensioni anticipate contributive:

  • senza figli è necessario un assegno pari a 3 volte l’assegno sociale;
  • con 1 figlio basta 2,8 volte;
  • con più figli è sufficiente 2,6 volte.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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