L’anno era iniziato all’insegna delle incertezze per la Germania, con elezioni federali anticipate di sette mesi per la caduta del governo guidato dall’ex cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz. Ma forse in pochi si aspettavano un 2025 così terrificante per i Bund. Abbiamo imparato a guardarli come riferimento per l’intera Eurozona con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani nel 2010. Sembrava che nulla avrebbe potuto metterli KO e, invece, è bastato un annuncio di politica economica a Berlino per stenderli a tappeto. Era l’inizio di marzo e il decennale tedesco vide impennare il rendimento dello 0,40% in una sola seduta.
Non accadeva dalla fine degli anni Novanta.
Annuncio-shock di Merz a marzo
L’annuncio a cui ci riferiamo è arrivato da Friedrich Merz subito dopo la vittoria alle elezioni, pur con il secondo più basso consenso ricevuto dalla sua Unione cristiano-democratica dal 1949. Poco meglio del record negativo del 2021. L’attuale cancelliere reso noto che avrebbe modificato la Grundgesetz nel punto in cui prevedeva il Schuldenbremse, quel tetto al deficit fissato allo 0,35% del Pil nel 2009 e dal suo stesso partito sotto la guida di Angela Merkel e con Wolfgang Schaeuble ministro delle Finanze.
Obiettivo della Germania: spendere 1.000 miliardi di euro in deficit entro un decennio, di cui la metà dedicata al riarmo e l’altra metà agli investimenti pubblici. Mancano ancora diverse sedute alla fine del 2025, ma possiamo affermare che per i Bund è stato un anno decisamente negativo. La scadenza a 10 anni offriva ieri il 2,87%, cioè lo 0,76% in più di inizio anno. Peggio tra i membri del G7 hanno fatto solo i bond del Giappone, il cui rendimento è salito dello 0,85% all’1,96%.
Il poco ambito podio si completa con la Francia a +0,72% e con l’Oat a rendere esattamente quanto il BTp. Solo che quest’ultimo ha segnato un rialzo da inizio anno di appena lo 0,06% grazie al crollo dello spread ai minimi dal 2009.
Giù rendimenti USA
Il 2025 non è stato positivo neppure per i bond canadesi: +0,49% al 3,47%. Paradossale che possa sembrare, i Gilt del Regno Unito sono stati gli unici in Europa a segnare un calo: -0,06% al 4,53%. Com’è possibile che se ne parli male? In primis, perché restano i più generosi tra le economie del G7. Secondariamente, perché il boom era iniziato già mesi prima con la vittoria dei laburisti alle elezioni di luglio. Fino ad allora il decennale di Sua Maestà offriva meno del 4,15%. Infine, tracollo per il Treasury americano dello 0,37% al 4,20%.
Il raffronto tra rendimenti di stati con valute differenti non è mai agevole e immediato. I bond risentono dell’adozione di politiche monetarie e cicli economici altrettanto differenti. Ad esempio, gli Stati Uniti sono tornati a tagliare i tassi di interesse solo dallo scorso settembre, mentre la Banca Centrale Europea (BCE) segnala di avere smesso. Indubbio, comunque, la cattiva performance dei Bund nel 2025 per le accresciute emissioni attese di debito pubblico tedesco. Quello che, probabilmente, quasi nessuno si aspettava è che gli spread si sarebbero ristretti. In pratica, i rendimenti degli altri stati dell’euro (a parte la Francia) non avrebbero seguito lo stesso trend.
Bund 2025, caduta di un mito
In un certo senso, è come se nel 2025 i Bund fossero caduti dal piedistallo. Si pensava fino a pochi mesi fa che se la Germania avesse speso di più, i bond dei partner si sarebbero deprezzati della stessa entità. Insomma, che i titoli tedeschi non avrebbero perso appeal in relazione alla concorrenza sul mercato. Le cose stanno andando diversamente, anche se la BCE falsa ancora parzialmente i prezzi mantenendo in portafoglio una quantità di Bund relativamente inferiore agli altri bond.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

