Mancano pochi giorni all’ingresso nell’euro, ma in Bulgaria si respira tutt’altro che un clima sereno, con le strade teatro di imponenti proteste contro il governo. Mercoledì sera, decine di migliaia di cittadini, soprattutto giovani, hanno scandito slogan come “Fuori la mafia” e “dimissioni”. Quest’ultima è la richiesta pressante rivolta da mesi contro il primo ministro Rosen Zhelyazkov, in carica solamente dal 15 gennaio scorso e che già ha dovuto superare ben sei voti di fiducia in Parlamento, di cui l’ultimo ieri. Prima ancora che i deputati si esprimessero, ha rassegnato le dimissioni. Una mossa inattesa, che complica la transizione di Sofia verso l’unione monetaria.
Alta corruzione nel mirino dei cittadini
Le proteste in Bulgaria sono esplose con la presentazione della manovra di bilancio per il 2026, infarcita di aumenti di tasse, contributi previdenziali e spesa pubblica. Quest’ultima sarebbe dovuta salire dal 40% al 45% del Pil. Sebbene il debito pubblico risulti il più basso d’Europa, molti cittadini temono che queste misure in deficit possano compromettere la crescita economica futura e il mondo delle imprese. Il Paese è già il più povero dell’Unione Europea.
Ma il problema dei problemi, percepito da tutta la popolazione, riguarda la corruzione. Nelle classifiche internazionali la Bulgaria si colloca alla posizione n.76 con appena 43 punti. A titolo di confronto, l’Italia è 52-esima con 54 punti. Primeggiano Danimarca, Finlandia e Singapore con indici di corruzione percepita molto bassi. Nel mirino delle proteste in Bulgaria ci è finito l’oligarca Delyan Peevsky, a capo del Movimento per i Diritti e le Libertà, sanzionato da Stati Uniti e Regno Unito.
Viene accusato di essere un regista occulto dell’esecutivo e di fare politica nell’esclusivo interesse degli oligarchi come lui.
Politica frammentata e instabile
Il clima di instabilità politica non è di questi mesi. In appena quattro anni si sono svolte sette elezioni. E molti scommettono che ci saranno le ottave tra pochi mesi, il tempo di entrare nell’euro. La caduta del governo al voto di ieri è arrivata malgrado la volontà anche di parte dell’opposizione di non mettere a repentaglio il passaggio verso la moneta unica. Tuttavia, il presidente Rumen Radev, esponente di sinistra, euroscettico e considerato filo-russo, aveva chiesto in maniera insistente all’esecutivo di minoranza di centro-destra di farsi da parte e di scegliere la “dignità”.
Questa è la condizione della Bulgaria a pochi giorni dall’ingresso nell’euro. Non esattamente il vicino di casa che vorresti fare accomodare in salotto. Vero è che l’economia domestica peserebbe per appena lo 0,67% del Pil nell’intera Eurozona. Così com’è vero che da decenni a Sofia il tasso di cambio sia agganciato all’euro a un rapporto di circa 1,95 lev. L’indipendenza monetaria, che la maggior parte della popolazione teme di perdere, nei fatti non esiste già da tempo.
Proteste in Bulgaria iniziate contro l’euro
Per i sondaggi l’ingresso nell’euro è avversato dalla maggioranza assoluta dei bulgari, un fatto che crea perplessità circa la decisione dell’ormai ex primo ministro e del governatore centrale.
Le proteste in Bulgaria erano iniziate proprio in estate contro una tale prospettiva e il nuovo bilancio, il primo redatto in euro, non ha fatto che aggravare le tensioni fino a costringere il governo a ritirarlo. Il timore dei più, anche sulla scorta di quanto accaduto in questi anni in Croazia, è che i prezzi possano aumentare e danneggiare così le famiglie.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

