Uno dei titoli di stato più popolari emessi nel periodo di alta inflazione è stato senza dubbio il BTp Italia 2030 (ISIN: IT0005497000). Debuttò sul mercato a fine giugno del 2022 e con durata iniziale di 8 anni. L’inflazione era già alta, ma avrebbe raggiunto il culmine nei mesi successivi fino a sfiorare il 12% su base annua. Proprio la prima cedola semestrale, grazie all’elevata indicizzazione, fu elevata. Staccata nel dicembre dello stesso anno, valse 72,33 euro lordi su ogni lotto minimo di 1.000 euro nominali. Un rendimento superiore al 7%, che cozza con lo 0,91% riconosciuto agli obbligazionisti per lo stacco del prossimo 28 dicembre.
BTp Italia 2030 con bassa inflazione
L’inflazione italiana è scesa tra i livelli più bassi dell’Eurozona.
A novembre, era solo dell’1,2% su base annua e contro una media nell’area del 2,2%. Proprio per questo i BTp Italia sembrano avere perso appeal tra gli investitori retail. Da inizio ottobre al venerdì scorso risulta essere stato negoziato sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana per meno di 212 milioni di euro su un capitale complessivo di 9,44 miliardi. Questo genere di bond del Tesoro offre cedole agganciate all’indice FOI dell’ISTAT, cioè tutela dall’inflazione. Ovvio che quando il rischio percepito si abbassa, l’interesse svanisce.
Questo è un bond, però, che va letto al contrario. Quando l’inflazione è alta, costa parecchio in relazione all’alternativa del bond con cedola fissa. Quando l’inflazione è bassa, il suo costo è contenuto proprio perché la domanda è tenue. Ed è questo a dovere risvegliare il nostro interesse. Noi stiamo ragionando come se i prezzi al consumo saliranno nei prossimi anni agli stessi ritmi recenti. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo.
Nessuno ci avvertì nel 2021 che sarebbe arrivata l’onda. Eppure, essa travolse investitori, consumatori e lavoratori con una perdita del potere di acquisto così rapida che non si vedeva da 40 anni.
Rendimento netto reale positivo
Ad oggi il BTp Italia 2030 ha assolto la sua funzione. Ha staccato cedole, compresa quella di questo mese, per 160,44 euro su ogni 1.000 euro nominali sottoscritti. Al netto dell’imposta, 140,39 euro per un rendimento del 14,04%. Nello stesso periodo, l’inflazione italiana è stata del 10,4%. Sul mercato secondario tratta a 101, cioè sopra la pari e a questo prezzo offre un rendimento alla scadenza di 1,41%. Il bond con simile durata e cedola fissa offre intorno al 2,80%. La differenza di 1,40% segnala le aspettative d’inflazione in media da qui alla metà del 2030.
E’ vero che il BTp Italia 2030 stia offrendo molto meno che agli inizi, ma dobbiamo considerare le cedole reali e non nominali. Da una parte l’indicizzazione è quasi azzerata, dall’altra la cedola riesce a garantire un ritorno dell’investimento superiore all’inflazione. Un altro aspetto che dobbiamo tenere sempre in mente quando ci approcciamo a questi strumenti, è che essi fungono da protezione negli scenari avversi. Il loro valore risiede proprio nella garanzia offerta. Come quando paghi una polizza all’assicurazione: sembra un costo fino a quando il rischio non si materializza.
Rischio fiscale sempre in agguato
Il rischio di cui discutiamo è l’inflazione, che può sempre rialzare la testa più in fretta di quanto crediamo. Basterebbe una nuova tensione geopolitica, come quella che ad inizio 2022 fece impennare i prezzi di petrolio e gas. Ed è connesso al rischio fiscale di questi anni. I governi non riescono a chiudere i bilanci in equilibrio. Sovra-spendono e s’indebitano, mettendo pressione agli stessi rendimenti sovrani e minacciando la stabilità dei prezzi. Vuoi perché i debiti alimentano la domanda di beni e servizi, vuoi anche perché necessitano di tassi bassi per essere contratti a costi contenuti, il loro legame con l’inflazione è storicamente accertato.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

