Anche S&P ha declassato i bond sovrani del Senegal al termine della giornata di venerdì scorso, abbassandone il rating a CCC+ da B- e mettendoli sotto osservazione per possibili ulteriori tagli se Dakar non sarà in grado di rifinanziare in tempo e in toto le prossime scadenze commerciali. Nelle scorse settimane era stata Moody’s ad avere annunciato il downgrade a Caa1 con prospettive negative. Ad avere inferto un colpo durissimo alla credibilità del debito sovrano è stata la recente scoperta da parte del governo di debiti non dichiarati per 11 miliardi di dollari dalla precedente amministrazione. Una cifra altissima per un’economia che ha chiuso il 2024 con un Pil di 33 miliardi di dollari.
Conti pubblici allo sbando
Il debito pubblico risulta così salito al 119%, a cui bisogna aggiungere un altro 9% di esposizioni delle aziende statali. In totale, si va oltre il 130%. Una decisione contestata e alla base del taglio del giudizio da parte di Moody’s per i bond del Senegal riguarda la decisione del governo di affidarsi perlopiù sul mercato dei capitali regionali per rifinanziarsi. Le agenzie sostengono che il costo di emissione risulti così più alto di quanto sarebbe raccogliendo capitali con emissioni di Eurobond sui mercati internazionali. Inoltre, l’iniziativa esporrebbe le finanze statali alla volatilità degli umori degli investitori domestici e dell’Africa occidentale.
Scontro tra Dakar e FMI
Il governo del premier Ousmane Sonko la pensa in maniera diametralmente opposta, così come su un altro tema sensibile. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha chiesto al Senegal di ristrutturare i suoi bond. L’idea del default viene respinta come sciagurata dal governo, che rassicura sulla capacità di tenere fede agli impegni. Il guaio è che il deficit, pur in calo, resta elevato. Scende dal 12,6% del Pil nel 2024 a circa l’8% per quest’anno e per il 2026 tenderebbe al 5,4% e per il 2027 l’obiettivo sarebbe di portarlo al 3%.
Tuttavia, tra disavanzo e scadenze da rinnovare il Tesoro dovrà trovare sui mercati il 26% del Pil nel corso del 2026.
L’FMI ha sospeso il programma per stanziare un prestito da 1,8 miliardi di dollari. In questo marasma, ieri il bond del Senegal in euro con scadenza 2028 e cedola 4,75% (ISIN: XS1790104530) è rimbalzato di oltre il 5% a circa 75 centesimi. In lieve calo, invece, la scadenza in dollari del 2031 con cedola 7,75% (ISIN: XS2838363476) a circa 64,60 centesimi. La preoccupazione risiede nel fatto che il 68% del già alto debito, qualcosa come oltre l’80% del Pil, è stato contratto con gli investitori esteri. Nel caso di tensioni, il cambio non agevolerebbe il riequilibrio, essendo fissato con l’euro all’interno dell’area franco CFA. D’altra parte, la Francia garantisce per tali riserve e riduce il rischio sovrano.
Bond Senegal ad alto rischio geopolitico
Inutile negare che dietro le tensioni vi sarebbe anche il riposizionamento geopolitico. Il presidente Bassirou Diomaye Faye è stato eletto nel 2024 all’insegna di un programma di rottura con la Francia, ex potenza coloniale, e di avvicinamento a Russia e Cina. Ha promesso persino l’uscita dall’unione monetaria a cui appartiene per tendere a una moneta sovrana, cosa che spaventa il mercato per quanto sopra accennato. L’economia sta beneficiando dell’avvio dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi in acque territoriali sin dal giugno dello scorso anno.
Il rischio è che gli investitori perdano la fiducia sulla capacità di Dakar di gestire sia la crescita che i conti pubblici. I bond del Senegal, che offrono quasi il 20% sui tre anni, riflettono questo scenario fosco.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
