Sono passati poco più di cinque anni da quando l’Austria emise il suo secondo bond secolare, cioè della durata di 100 anni (ISIN: AT0000A2HLC4). Eravamo in piena pandemia e i rendimenti di mercato viaggiavano ai minimi di sempre, sottozero anche lungo l’intera curva delle scadenze per gli emittenti più solidi come la Germania. Vienna poté permettersi di offrire una cedola di appena lo 0,85%. Al lordo delle imposte s’intende. In quel momento, gli investitori mostrarono di voler finanziare lo stato austriaco anche per diverse generazioni senza quasi nulla pretendere in cambio. Il prezzo di emissione fu fissato a 98,01 centesimi, non molto al di sotto della pari.

Prezzi ai nuovi minimi
Questo bond secolare in queste ultimissime sedute ha toccato i nuovi minimi storici sotto i 31,50 centesimi. Chi lo acquistò ai massimi di quasi 140 nei primi mesi del 2021, ha perso sinora virtualmente circa il 77% del capitale. Anche solo ragionando rispetto al valore nominale, ci troviamo davanti a un maxi-sconto del 68-69%. E il rendimento ha per la prima volta superato la soglia del 3% lordo all’anno. Pur restando contenuto per una scadenza così lunga, il movimento è bastato per affossare le quotazioni come nessuno avrebbe immaginato.
Bilancio dall’emissione
Rispetto all’emissione di cinque anni fa, qual è ad oggi il bilancio e quali le prospettive per il futuro? Il capitale è andato perduto per quasi il 68%, visto che oggi il bond secolare si vende a meno di 31,50 contro i 98 centesimi del debutto. E in questo lustro l’inflazione italiana è stata complessivamente del 18,6%.
Una perdita del potere di acquisto che va a sommarsi a quella nominale già catastrofica. In cambio, il Tesoro di Vienna ha staccato cedole per un controvalore effettivo del 4,3%. Al netto della componente fiscale, il saldo per l’investitore risulta negativo per oltre il 74%. Chi investì 100, tra quotazioni a picco, cedole incassate e inflazione si ritrova oggi con meno di 26.
Il rendimento di lunghissimo periodo non ne sta volendo sentire di scendere negli ultimi mesi. Il mercato sconta il riarmo europeo da un lato e i dazi dall’altro. C’è il timore che l’inflazione torni a salire per effetto degli stimoli fiscali capitanati dalla Germania. Il cambio di paradigma tedesco sta mandando a tappeto le quotazioni del bond secolare. La risalita non sembra nelle vicinanze. Arriverebbe con convinzione solo se mutassero repentinamente le aspettative su inflazione e debiti nell’Eurozona. Una grave crisi economica che richiedesse il sostegno della Banca Centrale Europea (BCE) nel breve termine surriscalderebbe i prezzi. Per nostra fortuna non è nell’aria.
Svolta per bond secolare non vicina
Certo è che a restare bloccati nell’investimento sono anche coloro che hanno acquistato il bond secolare da poco tempo. Un anno fa la quotazione era di 44 centesimi. Per riagganciarla servirebbe ora un rialzo del 40%, simile a quello che avvenne negli ultimi due mesi del 2023. Ma allora il mercato era eccitato all’idea che la BCE stesse per tagliare i tassi con l’abbassamento dell’inflazione.
Quell’ottimismo è stato scontato dai prezzi, seguito dal pessimismo per il contesto internazionale. La svolta non sembra vicina.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
