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Oggi: 05 Dic, 2025

Aumento dei tassi più vicino in Giappone su “richiesta” degli USA, sale lo yen

Gli USA sollecitano l'aumento dei tassi in Giappone e lo yen si rafforza contro il dollaro, mentre i rendimenti restano elevati.
4 mesi fa
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Aumento dei tassi più vicino in Giappone
Aumento dei tassi più vicino in Giappone © Licenza Creative Commons

Salgono le probabilità di un aumento dei tassi di interesse in Giappone entro la fine dell’anno. A dirlo sono i futures sui TONA a 3 mesi, i tassi di mercato che seguono il costo del denaro ufficialmente fissato a Tokyo. Da qui a dicembre un rialzo dello 0,25% era scontato alla vigilia di Ferragosto al 62%. Per il marzo prossimo, invece, l’evento è considerato praticamente certo (98%). E ne approfitta lo yen, che contro il dollaro è salito in settimana ai massimi da tre settimane, portandosi fino a un cambio in area 146,45. Guadagna il 7,5% dall’inizio dell’anno.

Yen e rendimenti in rialzo

Se lo yen si rafforza, i rendimenti sovrani restano alti.

Il decennale offriva l’1,55% questo giovedì, mentre il trentennale il 3,09%. Da inizio anno risultano lievitati rispettivamente dello 0,45% e dello 0,85%. E’ il riflesso non solo di una politica monetaria attesa meno espansiva nel medio termine, bensì anche del maggiore rischio sovrano tra instabilità politica e crisi fiscale.

Procediamo con ordine. Questa settimana, il segretario al Tesoro USA, Scott Bessent, ha rilasciato un’intervista sostenendo due cose: che i tassi negli USA andrebbero abbassati dell’1,50% e che in Giappone dovrebbero salire. L’amministrazione Trump non vede di buon occhio che le altre principali banche centrali tengano i tassi bassi o li taglino, perché ciò indebolisce le rispettive valute contro il dollaro. E la Casa Bianca persegue esplicitamente la svalutazione del dollaro per cercare di ridurre l’enorme disavanzo commerciale.

Pressioni USA accrescono timori sul debito pubblico

Le parole di Bessent, che potrebbe succedere tra alcuni mesi al governatore Jerome Powell alla guida della Federal Reserve, rappresentano un’intromissione palese nelle decisioni di politica monetaria altrui. Per quanto la Banca del Giappone resti libera nel decidere se aumentare o meno i tassi e quando, la pressione politica della superpotenza non va sottovalutata. A maggior ragione che ci troviamo nel bel mezzo di una “guerra commerciale”. L’amministrazione Trump segnala di comminare dazi più alti contro quegli stati considerati una minaccia all’economia americana.

Il Giappone tiene i tassi allo 0,50% con un’inflazione a luglio del 3,3%. Teme che un aumento veloce possa impattare negativamente sulla sostenibilità del debito pubblico, salito sopra il 250% del Pil. D’altra parte, questa politica monetaria iper-espansiva ha indebolito lo yen negli ultimi anni. Contro il dollaro perde il 27% del suo valore nell’ultimo quinquennio. Di fatto, una svalutazione del cambio mascherata.

Cambio tra dollaro e yen
Cambio tra dollaro e yen © Licenza Creative Commons

Aumento dei tassi in Giappone rischio fiscale

Il mercato prezza anche il rischio politico come sopra accennato. A luglio il governo del premier Shigeru Ishiba ha perso la maggioranza anche alla Camera Alta. Le elezioni hanno decreto il successo delle formazioni conservatrici, tra cui una marcatamente sovranista. Gli investitori temono un allentamento della politica fiscale per recuperare consenso, quando già oggi i conti pubblici appaiono allo sbando. Per quanto il 90% del debito sia in mani domestiche, se l’inflazione non scende e il Giappone deve alzare i tassi, la spesa per interessi è destinata a salire con ripercussioni ulteriormente negative sul bilancio dello stato.

Il rialzo dei rendimenti sovrani costituisce una minaccia agli stessi USA e all’Europa. I capitali nipponici da anni alimentano gli acquisti azionari a Wall Street, specie a beneficio del comparto Big Tech. E premiano anche l’obbligazionario europeo, in quanto più generoso in termini di rendimento. Ma con FED e Banca Centrale Europea a tagliare i tassi e il Giappone ad alzarli, i flussi potrebbero invertirsi definitivamente per la fine del carry trade. L’America deve fare attenzione a ciò che desidera, perché potrebbe realizzarsi.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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