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Oggi: 05 Dic, 2025

Ecco come l’America di Trump abbasserà il costo del debito senza tagliare i tassi

Il costo del debito americano preoccupa la Casa Bianca, ma una riforma apparentemente tecnica potrà abbassarlo sin da subito.
5 mesi fa
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Costo del debito americano
Costo del debito americano © Licenza Creative Commons

C’è un elefante che si aggira nella cristalleria e che rischia di fare grossi danni. E’ il debito pubblico americano, il cui costo di emissione negli ultimi anni è esploso insieme ai tassi di interesse e l’inflazione. E i dazi annunciati e imposti dal governo rendono ancora più complicata la situazione. Il presidente Donald Trump reclama il taglio dei tassi, convinto che così potrà continuare ad emettere debito senza problemi. La Federal Reserve di Jerome Powell non può accontentarlo. Finché l’inflazione resterà sopra il target del 2% e segnalerà di accelerare nei prossimi mesi con l’economia americana che continua a mostrarsi solida, i tassi non potranno scendere. E’ già tanto che risalgano.

Regolamentazione bancaria, revisione al via

Per questa ragione Trump medita di licenziare Powell, anche se ammette di non poterlo fare. Si limita a qualche esternazione sgradevole suo conto, magari aggettivandolo “Mr Too Late” (“Signor in ritardo”) e strombazzando che non gli concederà il terzo mandato. E dire che fu proprio lui ad averlo nominato nel 2018 al posto di Janet Yellen. Finora a nessuno è riuscito di far capire al presidente che il costo del debito non è influenzato dal livello dei tassi, se non per le scadenze medio-brevi. Le scadenze lunghe riflettono le aspettative d’inflazione e rischi fiscali.

Prima che Powell vada via tra pochi mesi, però, potrebbe lasciare alla Casa Bianca il regalo più grande: la revisione della regolamentazione bancaria. C’è uno specifico parametro, il cui acronimo SLR risulterà sconosciuto ai più. Esso sta per “Supplementary Leverage Ratio” ed è stato introdotto all’indomani della crisi finanziaria del 2008.

Prevede che le banche debbano accantonare capitale in rapporto agli attivi e senza alcuna ponderazione per il rischio. L’idea fu di impedire che si riproponessero situazioni come quella dei mutui subprime. Tuttavia, c’è il paradosso che da allora un Treasury e un bond “junk” sono trattati in egual modo ai fini regolamentari.

Fino a 7.200 miliardi di maggiori prestiti

Da questa previsione è scaturita la mancata convenienza per le banche americane di investire nei titoli di stato domestici. Se lo fanno, devono accantonare capitale come se investissero in asset ad alto rischio. Questo fattore contribuisce a tenere il costo del debito più alto di quanto non sarebbe se le banche fossero lasciate libere di comprare Treasury. Lo scorso 25 giugno la FED annunciò una revisione di tale disciplina con l’obiettivo di ammorbidirla. Dai calcoli eseguiti dagli analisti è emerso che potrebbero liberarsi tra 5.500 e 7.200 miliardi di dollari nei bilanci bancari.

In pratica, ci sono a disposizione diverse migliaia di miliardi da poter investire se solo la FED rivedesse la stretta sulle banche. E il Tesoro americano diverrebbe tra i principali beneficiari. Gli istituti acquisterebbero maggiori quantità di Treasury per inserire in portafoglio asset a rischio zero e con cedole finanche generose. Di conseguenza, il costo del debito americano si abbasserebbe. Si consideri che l’intero mercato dei Treasury ammonta oggi a 28.000 miliardi, per cui l’impatto della liberalizzazione sarebbe enorme.

I benefici riguarderebbero anche il sistema delle imprese e la borsa americana. Più denaro affluirebbe verso gli asset a basso rischio, finora trattati come se tali non fossero.

Impatto positivo sul costo del debito

Anziché impuntarsi su un taglio dei tassi potenzialmente autolesionistico, Trump dovrebbe pretendere dalla FED l’accelerazione dei tempi su questo dossier. L’istituto, che oggi giustamente rivendica la propria indipendenza nella gestione monetaria, ha operato in maniera discutibile in questi anni. Ha da un lato imposto forti restrizioni alle banche, dall’altro è intervenuto sul mercato a comprarne gli asset e pregiudicando la propria stessa indipendenza. Abbassare il costo del debito senza intervenire sui tassi converrebbe a tutti. Si eviterebbe uno scontro rovinoso (anche sul piano dell’immagine e della credibilità istituzionale) tra Tesoro e banca centrale; la lotta all’inflazione proseguirebbe e la spesa per interessi verrebbe tenuta a bada.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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